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Gerry Lockran: Blues from India 
di Guido Sfondrini

Chi era Gerry Lockran? Ai più questo nome suonerà sconosciuto o quasi, ma Gerry è stato un grande musicista blues e folk attivo dagli anni 60 sino agli anni 80, virtuoso chitarrista (prevalentemente acustico) e vocalist dotato di una ruvida e coinvolgente vocalità blues carica di feeling, con una carriera fatta di molte collaborazioni importanti, corredata da una discografia composta da album incisi soprattutto per etichette minori e indipendenti, e con una lunga e variegata esperienza live che lo ha portato a suonare in molte parti del mondo.
Lockran (ma il vero cognome era Loughran) nasce in India nel 1942, ultimo di otto figli, nella provincia centrale dello Yeotmal (stato di Maharashtra) da padre irlandese e da madre indiana. La sua infanzia si svolge tra la fattoria paterna e gli studi nella scuola di Mussoorie, piccolo villaggio himalayano dove va a vivere con la famiglia. Suo padre è un violinista e suo fratello David chitarrista, questo fa scoprire presto al giovane Gerry la musica, in un particolare contesto dove il folk irlandese va a braccetto con i suoni tipici della musica indiana. Scomparso prematuramente suo padre ed anche a causa della turbolenta situazione politica nell’India postbellica, si trasferisce in Inghilterra con tutta la famiglia nel 1953. Si stabilisce nel South London e nel ‘55 un suo fratello gli regala la prima chitarra. Siamo negli anni 50 e la scena musicale in GB è molto viva: folk, rock n’ roll e R n’ B preparano l’esplosione rock degli anni 60. Gerry ascolta artisti come Hank Williams e Ella Fitzgerald, e comincia a suonare con le skiffle band The Hornets e The Vipers (lo skiffle era una forma musicale tipicamente britannica molto popolare alla fine degli anni 50, che miscelava R n’ R, folk e jazz tradizionale, con spiccate caratteristiche dance). In conseguenza di questo percorso, la passione per la musica nera americana diventa sempre più forte e lo porta presto ad ascoltare molto blues: Josh White, Leadbelly, Sonny Terry & Brownie McGhee e soprattutto Big Bill Broonzy, per lui un vero e proprio punto di riferimento. Scopre presto che il blues del Delta e la dimensione acustica sono a lui particolarmente congeniali. L’attività di Lockran si svolge tra piccoli clubs e cantine fumose, dove frequenta alcuni giovani musicisti bianchi come Cliff Aungier, chitarrista e cantante, e Royd Rivers, armonicista e raffinato interprete della twelve string guitar; i tre diventano protagonisti della scena dell’Half Moon Pub, ubicato a Putney nel Sud Est londinese (che offriva periodiche jam di folk blues acustico denominate “Folksville”), del Royal Oak, del Lewes Arms e del Red Lion, pubs devoti alla birra scura e alla musica nera. Iniziano così un percorso che li porterà presto alla musica come professione.
Nei primi anni 60, in un contesto eccezionalmente creativo e aperto a sperimentazioni di tutti i tipi, la scena blues folk inglese vede l’affermarsi di artisti come: John Renbourn, Jo Ann Kelly, Tony McPhee, Dave Kelly, Davy Graham, Bert Jansch, Jon Mark, Sam Mitchell, e tanti altri giovani emergenti che saranno poi protagonisti del british blues, del folk e del rock negli anni 60 e 70. Gerry entra appieno in questo movimento; ha l’occasione di ascoltare dal vivo e di conoscere personalmente Sonny Terry & Brownie McGhee e quest’ultimo gli insegna i segreti del finger picking di cui Lockran diventerà un maestro.
Nel 1963 vive la sua prima esperienza in studio di registrazione con gli amici Aungier e Rivers dalla quale esce fuori il disco intitolato “Wanderin”, prodotto da un ancora sconosciuto Jimmy Page e connotato da tipici suoni folk blues acustici. Seguono avventurosi viaggi musicali per l’Europa che lo portano in Francia, Germania e perfino in Italia. Durante questi tours ha l’occasione di intraprendere un rapporto di collaborazione con un grande del blues come Memphis Slim e consolida ulteriormente la sua esperienza on stage.
Nel ’64 arrivano per lui anche alcune apparizioni televisive per l’emittente locale Channel TV. Nel ‘65 partecipa al tour Kings of the Blues con Alexis Korner, Long John Baldry e Duffy Power. Nel 1966 il suo primo disco solista: “Hold On, I’m Coming” per la Planet Record, registrato con l’aiuto di Danny Thompson e Terry Cox dei Pentangle e del sassofonista Ray Warleigh, e fatto di creative covers di brani tradizionali e di artisti come Broonzy e Willie Dixon. Nel ‘67 pubblica “The Blues Vendetta” (Waverley Record), disco “solo” ricco di sue interessanti composizioni e con una splendida cover di "Summertime", brano che sarà un suo cavallo di battaglia dal vivo per tutta la carriera.
Nel 1969 esce “The Essential Gerry Lockran” (Spark Record), compendio dei primi anni di attività (di questo lp esiste una cd made in Japan). Partecipa inoltre alla compilation acustica “Blues at Sunrise” con Redd Sullivan e Dave Travis.
Negli anni 70, Lockran entra nella scuderia del manager Nigel Thomas, uno che lavora per star del rock come: Joe Cocker, The Faces e Juicy Lucy. Questo evento e la conseguente promozione professionale di cui ora può godere lo fanno conoscere ad un pubblico più vasto. Partecipa ad un lungo tour in USA e Canada con Joe Cocker & The Grease Band come headliner e suona su palcoscenici storici per il rock e la black music come il Madison Square Garden a New York e il Forum di Los Angeles. A seguire registra due lp per la major Polydor: “Wun” nel ‘72 e “Rags to Gladrags” nel ‘76, con collaborazioni di fama come: Ron Wood, Pete Wingfield, Neil Hubbard, Alan Spenner, Mel Collins e il vecchio amico Cliff Aungier. I suoni di questi dischi si discostano dall’austero folk blues acustico, tipico di Lockran, e vanno verso composizioni soul rock elettriche di discreta fattura, senza infamia e senza lode, con alcune perle acustiche dal vivo come il trittico “Summertime”/”That’s Allright”/”Twice Are su Wun”, veramente coinvolgente. Collabora anche con l’armonicista Matt Walsh e con l’allora emergente chitarrista blues olandese Hans Theessink.
Gerry Lockran si conferma musicista indipendente, poco interessato allo star system, se vogliamo minimale, legato alla sua famiglia e - con coerenza - al blues acustico (che certamente non gli ha portato fama mondiale e grandi successi di vendite. ndr).
Alla fine degli anni 70 avviene un cambiamento strumentale epocale: passa dalla Martin D28, leggendaria chitarra acustica, alla moderna Ovation, acustica amplificata (uno strumento innovativo che ebbe un grande successo in quegli anni, anche da noi). Una parte del suo pubblico, il più purista, non apprezzerà però questo cambiamento di suono.
Sul finire degli anni 70 registra altri lp, tutti di buona qualità, con Ian Hunt, Hans Theessink e in particolare il live album “Rally Around The Flag” nel 1976. Registrato in Germania per la label tedesca Autogram, il disco è pervaso da una malinconica ed autunnale vena cantautoriale e con alcuni episodi blues con l’armonicista Matt Walsh veramente entusiasmanti. E’ del 1981 il suo ultimo lp, “Across The Tracks”, autoprodotto e suonato in solitudine nel quale riscopre lo stile di rauchi bluesmen come Howlin Wolf e Blind Willie Johnson.
Durante un tour in Belgio e Olanda nello stesso anno, viene colto da un ictus e perde l’uso della mano sinistra: la sua storia con il blues e con la musica si interrompe bruscamente, in modo drammatico e definitivo. Nel 1983, all’Half Moon Pub, si tiene un concerto in aiuto di Lockran e della sua famiglia con Alexis Korner, Bert Jansch, Bob Tench, Ian Hunt e molti altri amici e protagonisti del giro blues e pub rock, allora in grande evidenza in Inghilterra.
Per qualche anno si mette a fare il fotografo e si specializza nei "portraits" di altri artisti come il cantautore Ralph McTell e la band neopsichedelica Ozric Tentacles.
Gerry Lockran si spegne il 17 novembre 1987 dopo un ennesimo attacco cardiaco. Lascia la moglie Bobby e i due figli Jason e Jethro. Jason, anch’esso chitarrista, continua l’attività musicale del padre nei pubs e nel giro degli appassionati del blues e della musica di qualità.
Gerry Lockran è stato un grande interprete, non ha avuto mai su di lui gli spot del rock business e quella fama che avrebbe meritato: casi della vita ma anche il carattere di un uomo per natura legato alla sua quotidianità ed alla sfera famigliare. Tra i cultori del blues acustico ha avuto momenti di fama e grandi riconoscimenti per il suo modo di suonare in purezza, per la sua eccellente tecnica chitarristica e per le sue composizioni cariche di pathos.
I suoi dischi originali sono delle rarità (ho visto “Blues Vendetta” su e-bay a circa 180 $ come prezzo base…), alcuni sono stati ristampati in formato cd. Certamente non sono di facile reperibilità ma vale senz’altro la pena di cercarli per riscoprire e riascoltare un dimenticato virtuoso della chitarra acustica blues come Gerry Lockran. Buona caccia…

Queste due poesie (non sono testi di canzoni…) sono state scritte da Gerry Lockran dopo la malattia e il suo forzato abbandono della scena musicale

I've been nearly everywhere!
Played travelling guitar for twenty years
Did Florida and San Francisco
Copenhagen and San Diego
Did New York, Denver and Louisville
Roma and Paris Centre Ville.
I made 'em smile and gave 'em fun
Solo playing - just by one!
I worked with big and mighty stars
At Madison Square and Berlin Bars
Played Las Vegas and Miami
But now I've packed it in you see
But still love good music though
I don't want to tour any more
I paid my dues for twenty years
Brought 'em smiles and sometimes tears.
 
This poem has since been set to music by Gerry's eldest son, Jason
 
'Oh Him! - He had a STROKE you know'
Used to be all get up and go.
As a musician, just like a magician
But he's retired now
He can just about get up the stair
Can't walk far without a wheelchair.
Someday, so the experts say
He may get his left hand back again.
Till then he sits and takes the strain.
He makes his lists and makes his plans
But inside he knows they'll never happen.
Once he could really entertain.
So don't you laugh if you see him pass
He had a stroke - alas!



Graham Hine, Keef Trouble, Brett Marvin & The Thunderbolts e altre storie folk blues…
di Guido Sfondrini

Quando aveva 15 anni, un cugino gli regalò un giradischi; sul piatto di quel giradischi cominciarono a girare polverosi microsolchi di black music, soprattutto di vecchio e sano blues: Sonny Boy Williamson, Muddy Waters, Jimmy Rodgers, Howlin Wolf, insomma i soliti nomi che ti facevano e ti fanno ancora oggi conoscere ed amare quella musica meravigliosa… Nella Gran Bretagna degli anni 50, un giovanissimo ragazzo cominciò ad appassionarsi a quel sound saturo di ritmo, sensualità, spesso di disperazione e rabbia, latore di una cultura lontana ma affascinante: quella afroamericana che, per almeno tre decenni, avrebbe influenzato il mondo della musica popolare in maniera radicale con il blues, il gospel, il jazz, il soul, il funk, ed i suoni tipici dell’Africa, terra d’origine di tutto il movimento. Quel ragazzo si chiamava Graham Hine ed imparò molto presto a suonare la chitarra e le relative tecniche del blues, compresa quella slide con l’utilizzo del bottleneck, di cui sarà un ottimo interprete.
Per Hine vale il discorso fatto per Gerry Lockran: è un altro artista che non ha mai completamente sfondato nel music business, fortune economiche e successi mediatici non sono mai stati a lui congeniali; è stato invece (e lo è tutt’ora, nel XXI secolo…) un artista solido e ispirato che ha lasciato tracce discografiche molto interessanti nel campo del blues acustico, della jug music e del rock dei 70.
Nei primi anni 60 un professore, Peter Gibson, creò un folk club interno alla scuola di Hine, in cui invitava ad esibirsi giovani artisti, tra i quali i fratelli Jo Ann e Dave Kelly. Proprio quest’ultimo, già eccellente chitarrista slide, insegnerà a Graham le nozioni fondamentali relative alle accordature, indispensabili per ottenere quei suoni. Il nostro si fece un’esperienza tecnica anche con le "liner notes" rubate da un prezioso disco di Robert Johnson; erano tempi pionieristici e per conoscere la musica blues ci si doveva arrangiare con quello che si riusciva a trovare. Arrivati gli anni del blues revival, Hine - nel 1967 - incontrò il chitarrista/percussionista, vocalist e performer folk, Keith Trussell (aka Keef Trouble) specializzato nell’utilizzo di un particolare strumento a percussione chiamato zob stick o monkey stick originario dell’epoca vittoriana e tipico del folk inglese di quel periodo. Tra loro nacque un’amicizia caratterizzata dalla condivisione dell’amore per il Blues. La loro collaborazione durerà molti anni con ottimi risultati.
Incoraggiati da Peter Gibson, crearono un duo acustico chiamato Bottled in Bond con cui cominciarono il solito iter di serate nei pubs e in piccoli locali, tipico di molti protagonisti di un british blues agli albori. Nello stesso periodo Hine e Trouble conobbero Jim Pitts e John Randall e, con il vecchio amico Gibson, fondarono la loro prima band professionale: Brett Marvin & The Thunderbolts. I cinque suonavano di tutto: dalle chitarre ai mandolini, dalla blues harp al trombone, dalla batteria al washboard. Il loro primo riferimento musicale furono le jug band degli anni 30 come la Memphis Jug Band, i Cannon Jug Stompers ed il country blues in generale. Il loro punto di ritrovo era lo Studio 51, in Great Newport Street nella Central London, un locale molto popolare dove si esibivano frequentemente la John Dummer Blues Band, che aveva come leaders Dave Kelly e Tony McPhee (di lì a poco fondatore dei Groundhogs), ed anche quella splendida cantante blues che fu Jo Ann Kelly, spesso proprio accompagnata on stage da B.M. & The Thunderbolts. Da lì passarono molti altri nomi del blues e del rock americano e inglese: Arthur Crudup, Fred McDowell, Juke Boy Bonner, Steve Miller Band, Long John Baldry, Lol Coxill, e molti altri… loro si fecero conoscere per i suoni semiacustici ed originali, ma anche per l’ironia quasi cabarettistica che ne accompagnava le esibizioni live, al di fuori del mare magnum del blues elettrico allora imperante.
La band entrò in studio di registrazione nel 1970 per il primo lp "Brett Marvin & The Thunderbolts" al quale seguirono: "12 Inches of…", "Alias Terry Dactyl & The Dinosaurs" e "Ten Legged Friend", tutti incisi per l’etichetta Sonet e pubblicati tra il 1970 e il 1973. In precedenza avevano partecipato, con alcuni loro brani, alle compilations della Liberty: "I Asked For Water, She Gave Me Gasoline" e "Son Of Gutbucket", promosse da Tony McPhee e veri e propri “archivi storici” del primo blues bianco inglese e americano, specialmente in veste acustica. I loro dischi (in particolare il secondo…) furono bene accolti dalla critica ed ebbero un discreto successo di vendite. La (relativa) popolarità portò la band ad esibirsi per le TV di: Olanda, Belgio, Danimarca e Svezia, e ad una intensa attività live, soprattutto in Scandinavia. Nel 1971 effettuò gigs con John Mayall e Taj Mahal e nello stesso anno, alla Euston Town Hall di Londra, fece da opening act alla leggenda vivente del blues del Delta Son House ed ai Derek & The Dominoes di Eric Clapton.
Nel frattempo alla line up della band si aggiunse il pianista John Lewis che suonò con loro per un periodo relativamente breve. In seguito lasciò il gruppo per motivi di salute divenendo protagonista, alla fine dei seventies e negli anni 80, del pub rock con il nome di Jona Lewie. Lewis venne rimpiazzato nella band da David “Taffy” Davis.
Brett Marvin & The Thunderbolts ebbero anche un buon successo a “45 gg.” con la canzoncina divertissement "Sea Side Shuffle" (n. 2 nella UK singles chart dell’agosto 72) pubblicata con il nome di Terry Dactyl & Dinosaurs*; seguirono passaggi televisivi a Top Of The Pops (trasmissione allora leader per il rock in GB) e la partecipazione a molti dei grandi raduni rock tipici di quegli anni.
Ma la spinta creativa del british blues andò via via spegnendosi; il progressive rock barocco e sterile di band come Genesis e Yes, e l’hard rock più o meno glam, dominavano ormai il mercato discografico e per i semplici suoni semiacustici, per il country blues e per i cori ubriachi di B.M. & Thunderbolts, ormai di spazio ne era rimasto ben poco. Fu così che la band giunse nel 1974 all’inevitabile split, anche se la carriera di Graham Hine, dopo i “fasti” dei B.M. & The Thunderbolts, non finì. Si presentarono infatti altre occasioni per registrare dischi da solista. Dopo un primo lp "Bottleneck Blues" (registrato nel ‘70 con la produzione di Nick Perls per gli americani della Blue Goose) arriva l’ottimo "Bowery Fantasy", caratterizzato da toni crepuscolari e folk, un disco più lontano dal blues ma comunque sempre molto interessante, e quindi "These Blues Is Meant To Be Barrellhoused", registrato nel ‘71 e resuscitato nel 2003 grazie alla solita Blue Goose.
Nel corso degli anni 80 Graham Hine ha suonato molto dal vivo accompagnando con la sua chitarra dobro molti celebri bluesmen americani.
All’inizio degli anni 90, e grazie al rinnovato interesse per il blues da parte dei media, decise di registrare il CD "Boogie Street" che riportò in vita il glorioso marchio Brett Marvin & The Thunderbolts, con il vecchio pard Keef Trouble e Pete Swan al basso (new entry nella band), al quale fecero seguito le ristampe in formato CD dei primi dischi.
Nel 1999 venne pubblicato il CD antologico "Vintage Thunderbolts" con molti inediti e brani live degli anni 70: veramente imperdibile!
Hine e la band sono ancora oggi attivissimi. Nel 2007 ha registrato l'album "You’ll Be Hearing From Me Real Soon" il primo con nuove composizioni dopo quasi 40 anni.
Nell’estate 2009 Graham Hine ha suonato anche in Italia, al Rootsway Blues Festival svoltosi a Parma, accompagnato dal chitarrista Roger Hubbard.
Che dire in conclusione... Hine è stato, ed è, il protagonista di una bellissima avventura nel mondo del blues, del folk e del rock, che dura ancora oggi per la reciproca soddisfazione del musicista e del suo pubblico.
Ritrovare i lavori di Brett Marvin & The Thunderbolts vuol dire riascoltare una musica carica di energia, con le caratteristiche del jug blues, da cui eredita la tipica vena ironica e teatrale, decisamente originale. La loro musica rimane espressione di una contagiosa allegria spruzzata dal profumo del gin e della birra scura, con la solarità di periodi storici decisamente migliori dell’attuale.

*Sea Side Shuffle (testo dell’unico hit single di Brett Marvin, dato alle stampe con il nome di Terry Dactyl & The Dinosaurs)

It's a warm day
the sun is shining
Someone says 'Let's go to Brighton'

So we all get up on our friends car;
Hold on tight 'cos we're doing ninety miles per hour.
We left a London awhere it's hot
We're heading for our favourite spot

Down on the coast way past the town of Crawley;
Where the breeze blows and the air tastes of the sea.

We a walk along the promenade pier
Spend a pound or two on fun and beer
Then look around
see what we can see

Bikini girls and everybody smiling happily.
Sunbathe now h'on the beach
Here is the man who sells ice-cream

Way over there kids throw pebbles in the sea
Where we swim amongst a lot of pretty company.



Davey (Davy) Graham   di Guido Sfondrini

A completamento della trilogia di articoli dedicata al folk blues acustico inglese degli anni 60/70, iniziata con Gerry Lockran e proseguita con Graham Hine e i Brett Marvin & The Thunderbolts, mi è parso doveroso dedicare una retrospettiva a Davey (Davy) Graham. Raffinato e originale cantante e chitarrista, sperimentatore di nuove sonorità, anticipatore della world music e geniale esecutore di particolari tecniche chitarristiche, Graham è stato, a detta di molti, il miglior interprete della sei corde acustica nell’Inghilterra di quel periodo così piena di creatività ed influete per tutta la storia della musica moderna.
Graham nasce nel 1940 a Hinckley, nel Leichestershire, da padre scozzese (da cui eredita la passione per la musica) e madre della Guyana Britannica. Comincia col suonare l’armonica per poi intraprendere (a 12 anni) lo studio della chitarra classica. Da adolescente ascolta il chitarrista Steve Benbow, uno che suonava la chitarra con influenze folk nord africane e, nello specifico, marocchine. Graham rimane fortemente colpito da quei suoni esotici che influenzeranno il suo stile e la sua vena compositiva per tutta la carriera.
A questo punto qualcuno dirà: “ma... il Blues, cosa c’entra?”, c’entra eccome poichè Davy affiancherà sempre al folk ed al jazz sue reinterpretazioni acustiche di brani dei vari: Broonzy, Leroy Carr, Leadbelly e Willie Dixon, dimostrando un amore viscerale per il blues al pari di un altro grande chitarrista virtuoso, quel John Fahey che negli stessi anni inizia a suonare dall’altra parte del mondo, nell’assolata California.
Nel 1959 Graham appare in TV a "Monitor" (trasmissione dedicata all’arte) con il documentario “Houd Dogs and Bach’s Addicts. The Guitar Craze”, con la regia di Ken Russell: il suo primo momento di pubblica notorietà.
Nel 1960 parte per una vacanza in Australia. Il viaggio aereo contempla la sosta tecnica di un’ora a Bombay. Da quell’incorreggibile world traveler che è sempre stato (aveva anche viaggiato in Grecia, Turchia, Marocco, Iran e altri posti in Nord Africa, quando girare il mondo non era così facile come adesso…), Davy Graham riesce a prolungare la breve sosta in un soggiorno di sei mesi in India e, a seguito di quest'avventurosa esperienza, nascerà il suo amore per la musica e la cultura indiana che avrebbe sviscerato nei suoi lavori.
A 19 anni dedica una composizione alla sua fidanzata: il titolo del brano è "Angie" (niente a che fare con gli Stones…), divenuta più nota come "Anji", che sarà il suo brano più conosciuto ed avrà celebri covers (controverse per Graham…) di: Bert Jansch, Chicken Shack e Simon and Garfunkel. La canzone sarà registrata per l’EP "3/4 AD" (Topic), suo primo lavoro discografico inciso assieme ad Alexis Korner nel 1961, pubblicato nel 1962 e progenitore di tutto il folk rock britannico.
Divenuto professionista della musica, incide il suo primo 33 gg. "The Guitar Player", uscito nel 1963 per l’etichetta Pye/Golden Guinea, una raccolta di composizioni strumentali prevalentemente jazz (Sonny Rollins, Bill Evans, Horace Silver…), ma anche blues (Leroy Carr e Ray Charles), arrangiate per sola chitarra da Graham, coadiuvato solo in alcuni brani dal batterista Bobby Graham. Il risultato che ne deriva è entusiasmante.
Nel ‘63 partecipa alla colonna sonora del film "The Servant" (noto in Italia come “Il Servo”) di Joseph Losey; suona con i Thamesiders (band post skiffle) con il chitarrista Martin Carthy (in seguito leader di famose band folk rock come gli Steeleye Span e l’Albion Country Band), purtroppo con scarso successo, e registra un EP per la Decca: "Thamesiders & Davey Graham". Nel ‘64 vive una breve esperienza come chitarrista nei Bluesbreakers di John Mayall e, sempre in quell’anno, registra il suo secondo lp "Folk Blues and Beyond" per la Decca. Il lavoro più blues della sua discografia contiene brani come "Rock My Baby", "Leavin Blues", "Cocaine", "Goin Down Slow", "My Baby", e brillanti covers di "Better Git In Your Soul" di Mingus e "Don’t Think Twice It’s All Right" di Bob Dylan. "Folk Blues and Beyond" oltre ad aver influenzato celebri chitarristi rock blues come Jimmy Page e Eric Clapton, è caratterizzato dall’utilizzo di scale particolari (DADGAG tuning) che danno ad alcune songs ("Maajun", "Mustapha") sonorità etniche decisamente orientaleggianti.
Nel 1966 incide "Midnight Man" (Decca), un crossover jazz/blues con brani quali: "Stormy Monday" di T-Bone Walker e "Watermelon Man" di Herbie Hancock. Qui Graham è ancora una volta da solo con la sua chitarra. Questo disco è preceduto nel 1965 da "Folk Roots, New Routes" (Decca), un classico del folk britannico progressivo inciso con la cantante Shirley Collins.
E’ del 1968 il lp "Large as Life and Twice as Natural" (Decca), suonato con parte dei Bluesbreakers del periodo di "Bare Wires", con Jon Hiseman alla batteria, Dick Heckstall Smith ai sassofoni, Harold McNair al flauto e con Danny Thompson dei Pentangle al basso. I brani del disco sono molto più dilatati, nella durata, di quelli dei dischi precedenti; si alternano blues ("Freight Train Blues", "Bad Boy Blues"), sonorità esotiche ("Blue Raga"), folk ("Bruton Town") e cover curiose come "Both Sides Now" di Joni Mitchell. Un disco, a mio parere, eccellente che influirà anche su alcuni lavori del celebre Donovan (ascoltate gli lp "Sunshine Superman" e "Donovan in Concert"...).
Alla fine degli anni 60, nell’era del Flower Power, Graham si fa coinvolgere nell’uso di droghe psichedeliche; oppio e LSD diventano suoi compagni abituali e, al contrario di altri musicisti che ebbero dalle droghe maggiori stimoli creativi (ma effetti disastrosi sulla loro vita privata e nella salute mentale…) come accaduto a Syd Barrett o Peter Green, la vena musicale di Graham si inaridsce.
Nel ’70, dopo il matrimonio con la cantante americana Holly Gwinn, pubblica altri tre lp: "Hat" e "Holly Kaleydoscope" (entrambi per la Decca che, a causa dello scarso successo di vendite, vuole la rottura del contratto stipulato con il musicista), e "Goddington Boundary" (President), tutti incisi con la voce della moglie. I dischi non hanno nei loro solchi le brillanti intuizioni dei precedenti lavori. In "Hat", a songs tipiche del patrimonio folk britannico più puro, si affiancano blues come "Hoochie Coochie Man" e "I’m Ready", ma si nota che la geniale vena sperimentale di Graham va esaurendosi. In questo periodo si impegna in iniziative di solidarietà mettendo la sua chitarra a disposizione di associazioni benefiche come la MIND (di cui sarà anche consigliere d'amministrazione), un'organizzazione che ancora oggi assiste le persone colpite da disagio mentale in Gran Bretagna, ed aderisce alla scuola buddista giapponese Osho di cui condivide la filosofia. Nei fatti si allontana dal mondo della musica e per parecchi anni di Davey Graham non se ne sa più nulla.
Graham ricompare alla fine dei seventies, nel 1976, con la registrazione di un nuovo lp: "All That Moody" per la Eron Enterprises, disco decisamente orientato verso la world music e nel quale Graham è coadiuvato dal bassista Roger Bunn e dal percussionista Keshav Sathe.
Negli anni 80 effettua altre sporadiche incisioni per la label Kicking Mule, in cui suona anche altri strumenti a corda come il sarod e il bouzouki (avvalendosi della produzione di Stefan Grossman), ed alcune antologie con brani tratti dai suoi primi lavori.
Negli anni 90 va a vivere in Scozia dove insegna la chitarra, svolge una sporadica attività concertistica ed incide l’album "Playing in the Traffic" (Crack Probe) nel 1993. Nel ‘97 pubblica il cd "After Hours", un live registrato alla Hull University nel febbraio 1967, con un repertorio che passa tranquillamente da Muddy Waters a Johan Sebastian Bach, dal raga indiano a Carl Perkins e Big Bill Broonzy: una performance brillante ed eclettica come poche.
Nel 2005 la BBC gli dedica il documentario "Whatever Happened to Davey Graham" e, lo stesso Gaham, partecipa anche alla serie TV "Folk Britannia".
Davey Graham scompare, dopo breve malattia, nel dicembre del 2008. E’ stato un grande musicista, un uomo colto e intelligente, un viaggiatore curioso e appassionato dalle tradizioni folkroriche dei popoli che ha incontrato; uno studioso del blues come di altre mille generi musicali; un innamorato dello strumento che suonava; uno che ha saputo coniugare il feeling e la tecnica strumentale e che ha anche influenzato molti musicisti degli anni 60 e 70. Bisognerebbe chiedere a Jimmy Page da dove trasse l’idea per il celebre raga rock "Black Mountain Side", suo cavallo di battaglia dal vivo con i Led Zeppelin…
I suoi lavori principali sono stati ristampati in cd, rimasterizzati e ripubblicati con vari inediti e rarità per i collezionisti; è del 2009 il doppio CD antologico "A Scholar And A Gentleman" che propone il meglio delle registrazioni effettuate tra il 1963 ed il 1970. Una buona occasione per conoscere o riascoltare un musicista come Davey Graham che può fare da efficace disintossicante per chi ha ormai le orecchie sature delle schifezze musicali che ci vengono propinate quotidianamente da radio e tv nell'ipertecnologico quanto miagolante XXI secolo. 
Se qualche chitarrista coraggioso, dopo aver letto questo articolo, volesse cimentarsi con "Anji", proponiamo la partitura del brano. Buon lavoro!!!  Anji
 

 

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