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The death (and life…) of J.B. Lenoir   
di Guido Sfondrini

I never will go back to Alabama, that is not the place for me
You know they killed my sister and my brother
And whole world let them peoples go down there free…

La prima volta che ho sentito cantare queste parole è stato molti anni fa, la musica usciva dai diffusori del mio compatto giradischi-ampli-tuner Irradio, tipico dei primi anni 70, ed era quella dei Bluesbreakers di John Mayall, la voce quella di Peter Green, il titolo del brano "Alabama March". La sensazione che mi dava l’ascolto di quella musica era di disperata nostalgia e di rabbia repressa ed il buon Peter, a quei tempi, riusciva molto bene a comunicare tutto ciò… In seguito sono andato a vedere chi era l’autore di quel blues; sulle note di copertina del disco era scritto: J.B.Lenoir… e mi sono detto: “Toh’… ma è lo stesso di quella canzone di Mayall, "The Death Of J.B.Lenoir", di cui avevo consumato i solchi della traccia sulla mia copia di Crusade". Io allora non sapevo di chi fosse quel nome un po’ strano che sapeva di pronuncia francese e di posti esotici. Dietro quel nome c’era un bluesmen e un uomo vero, un autore tra i più significativi del blues urbano postbellico, uno che guardava in faccia la realtà, anche quella più scomoda e inquietante, e l’affrontava a viso aperto, senza timore di dire e cantare quello che pensava realmente.
Nato a Monticello, Mississipi nel 1929 (l’anno della grande crisi economica… sarà stato un caso?) viene introdotto al blues dal padre, chitarrista a tempo perso e fan di Blind Lemon Jefferson. Di quest’ultimo JB acquisisce alcune caratteristiche: prima fra tutte, l’utilizzo del cantato in falsetto di cui sarà un maestro riconosciuto. Seguendo il percorso itinerante comune a molti artisti blues dell’epoca, va a New Orleans dove suona con Sonny Boy Williamson II e Elmore James. Nel '49 si trasferisce a Chicago ove viene a contatto con una scena blues che vive un momento di grande creatività ed entusiasmo. Grazie all’aiuto di Big Bill Broonzy, entra nel circuito dei locali dedicati. Negli anni 50, entrato definitivamente nel giro blues che conta (suona la chitarra elettrica con Muddy Waters, Big Maceo e Memphis Minnie), si fa conoscere per i suoi costumi di scena molto colorati e un po' kitsch (rimasto nella memoria un suo micidiale frak zebrato…) e per la sua voce quasi femminile che lo rende facilmente riconoscibile ed unico nel suo genere. Operaio di giorno e musicista blues di notte, nel '50 organizza una sua propria band: JB Lenoir & His Bayou Boys, tra i cui componenti spicca il nome del pianista Sunnyland Slim. Con loro incide alcuni brani per l’etichetta Job nel 1951, tra cui Korea Blues, un blues con un testo fortemente politicizzato che anticipa la tendenza militante di cui JB sarà esponente negli anni 60. Nel '54, sciolta la band, viene cooptato dalla Parrot, etichetta di Al Benson, e trasforma il suo blues da una forma espressiva piuttosto essenziale, ancora legata alle radici del Delta, ad un espressione più tendente verso il soul e il R'n’B, con l’utilizzo dei fiati e con un importante ruolo solista del sax (con solisti come: JT Brown, Alex Atkins e Ernest Cotton). Inoltre accentua le caratteristiche spettacolari delle sue esibizioni live ed anche l’impegno contenuto nei testi delle sue canzoni. In questo periodo compone brani che sono entrati nella storia del blues: "Eisenhower Blues", poi sottoposto a censura dalle autorità, "Everybody Wants To Know", "Low Down Dirty Shame" e "Mama Talk To Your Daughter", tutt'oggi cavallo di battaglia di John Mayall nelle sue esibizioni live (come risaputo, il padre del British blues è da sempre un devoto fedele di JB Lenoir, ndr).
Incide per le etichette: Chess, Shad e Vee Jay.

Arrivano gli anni 60 e le contraddizioni ed i problemi della minoranza nera negli USA esplodono in maniera virulenta. Negli stati del Sud i neri sono sottoposti ad un vero e proprio apartheid, minoranza sfruttata e privata dei diritti più elementari: scoppia la questione dei diritti civili. Sono anni duri di scontri, politici, fisici ed ideologici. Si impongono personaggi come: Viola Lee, Malcom X, Martin Luther King, LeRoy Jones, Bobby Seale e Huey P. Newton, leaders del Black Panther Party, e poi Angela Davis e molti altri. La black people prende coscienza e impone il proprio ruolo alla società americana bianca dell’epoca. La musica è una componente culturale fondamentale per i neri d’America, attraverso il jazz con Coltrane, Parker e Mingus; il soul con James Brown ed il blues con gente come JB Lenoir e Jimmy Dawkins: quale mezzo migliore per comunicare la propria rabbia e voglia di riscatto sociale ad una vastissima platea mondiale? JB viene facilmente coinvolto da questa atmosfera. E' il momento del folk blues ed i bianchi si avvicinano sempre di più alla black music. Il Blues comincia a diffondersi a livello mondiale, prima di tutto in paesi europei come la Gran Bretagna, i paesi Scandinavi, la Germania, la Francia e l’Olanda. JB si adatta ai tempi, molla il R'n’B spettacolare che aveva suonato negli anni 50 ed imbraccia la chitarra acustica tornando al blues scheletrico ed essenziale delle origini. Aiutato da un personaggio carismatico come Willie Dixon, partecipa all’American Folk Blues Festival nel '65 (carovana itinerante fondamentale per far conoscere il blues nei paesi citati in precedenza). Nell'anno del definitivo coinvolgimento degli USA nella guerra del Vietnam, Lenoir incide brani mitici come "Alabama Blues" e, appunto, "Vietnam Blues", coadiuvato dallo stesso Dixon al contrabbasso e dal batterista Fred Below.
Ormai molto conosciuto e apprezzato anche all’estero, JB sembra destinato ad una carriera importante, ma la sfiga è in agguato. Nel 1967 JB Lenoir muore, a soli 38 anni, per i postumi di un grave incidente stradale. E’ un percorso spezzato sul più bello, senza preavviso, che lascia l’amaro in bocca. Probabilmente avrebbe saputo esprimere molto altro, sia a livello poetico che musicale; il suo folk-urban blues semi acustico è stato decisamente originale e chissà quali strade avrebbe potuto aprire in un momento creativo unico come quello degli anni 60.
Rari spezzoni filmati di Lenoir sono contenuti nel film: "The Soul Of A Man" di Wenders del 2003.

In calce i testi di due dei suoi blues più famosi ed una discografia parziale della sua opera.

VIETNAM BLUES

Vietnam Vietnam, everybody cryin' about Vietnam
Vietnam Vietnam, everybody cryin' about Vietnam
The law all the days (?) killing me down in Mississippi, nobody seems to give a damn

Oh God if you can hear my prayer now, please help my brothers over in Vietnam
Oh God if you can hear my prayer now, please help my brothers over in Vietnam
The poor boys fightin', killin' and hidin' all in holes,
Maybe killin' their own brother, they do not know

Mister President you always cry about peace, but you must clean up your house before you leave
Oh how you cry about peace, but you must clean up your house before you leave
How can you tell the world how we need peace, and you still mistreat and killin' poor me.

ALABAMA BLUES

I never will go back to alabama, that is not the place for me (2x)
You know they killed my sister and my brother,
And the whole world let them peoples go down there free

I never will love alabama, alabama seem to never have loved poor me (2x)
Oh god i wish you would rise up one day,
Lead my peoples to the land of pea'

My brother was taken up for my mother, and a police officer shot him down (2x)
I can't help but to sit down and cry sometime,
Think about how my poor brother lost his life

Alabama, alabama, why you wanna be so mean (2x)
You got my people behind a barbwire fence,
Now you tryin' to take my freedom away from me

DISCOGRAFIA PARZIALE

ALABAMA BLUES 62/65 (Columbia 65)
CRUSADE (Polydor GB 70) con l’intervista di J.Mayall alla moglie Ella Louise Lenoir
THE MOJO BOOGIE (Lowdon Society Blues 69)
JB LENOIR 53/60 (Phyton GB 70)
DOWN IN MISSISSIPI (L+R 70)
CHESS BLUES MASTER SERIES (Chess 76)
NATURAL MAN 51/56 (Chess USA)
A MEMORY OF LENOIR 51/58 (Chess Japan 80)
ONE OF THESE MORNING 62/65 (JSP GB 86)
FINE BLUES 52/60 (Official Dan 89)
THE PARROT SESSIONS 54/55 (Relix USA 89)
HIS JOB RECORDINGS (cd Flyright GB 89)
MAMA WATCH YOUR DAUGHTER 51/58 (cd Charly GB 93)
VIETNAM BLUES - THE COMPLETE L+R RECORDINGS 62/65 (L+R 95)
THE CHRONOLOGICAL JB LENOIR 51/56 (2 cd Classics FR 05)
Materiale di JB Lenoir è inoltre contenuto in decine di compilations blues.

 


Hound Dog Taylor: Juke Joint Blues   di Guido Sfondrini

"When I die, they’ll say: “He couldn’t play shit, but he sure made it sound good !!”  (HDT)

Hound Dog Taylor (Theodore Roosvelt Taylor) non è stato un “grandissimo” del blues urbano, ma avrebbe potuto esserlo se le vicende della vita gli avessero offerto opportunità diverse e soprattutto con tempi diversi, che so… magari un incontro con un grande protagonista del blues, tipo Muddy Waters o Willie Dixon ad esempio, oppure con un produttore discografico di spessore, invece nulla, questo avverrà per lui solo nel 1970 quando ha già 55 anni ed i furori interpretativi giovanili sono forzosamente ormai un po’ declinanti. Nasce a Natchez nello stato del Mississipi nel 1915 da famiglia povera o, come si direbbe nel tristo linguaggio odierno, “incapiente” e questa non è certo una novità per un artista blues. Impara a suonare prima il piano e poi la chitarra. Viene al mondo con 6 dita per mano ed è proprio per la malformazione che - leggenda vuole - inizia con il pianoforte. A 21 anni partecipa al leggendario radio show King Biscuit Flowers Hours con Sonny Boy Williamson, che veniva trasmesso dalla KFFA Radio da West Helena, in Arkansas. Nel 1942 ha grossi problemi con i razzisti del Ku Klux Klan perché “colpevole” di avere avuto una storia con una donna bianca ed in conseguenza di ciò è costretto a fuggire dallo stato del Mississippi e a seguire il percorso itinerante comune a molti musicisti neri in quegli anni, si stabilisce a Chicago e suona la chitarra slide (una chitarra giapponese da pochi dollari) tra un impiego precario e l’altro per sbarcare il lunario. Nel 57 comincia a suonare per professione, conquistandosi uno spazio nel celeberrimo mercato di Maxwell Street, dove si esibivano live on the road molti musicisti blues, celebri o rimasti nell’anonimato (John Lee Hooker nel film The Blues Brothers è immortalato mentre suona proprio in Maxwell Street). In quell’ambiente conquista una certa notorietà con un suono particolarmente sporco e rauco e con i suoi giri boogie ipnotici e coinvolgenti. Negli anni 60 registra alcuni 45 gg. per le etichette Bea & Baby, Firma Record e Checker. In seguito forma anche una vera e propria band: The Houserockers, con il chitarrista ritmico Brewer Phillips, anche lui nativo del Mississipi e il batterista Ted Harvey (ex drummer di Elmore James), i tre diventano attrazione fissa al Florence’s Lounge Bar, noto locale del Southside e qui nel 70 vengono notati da Bruce Iglauer, giovane bianco appassionato di blues e impiegato presso la celebre etichetta Delmark (una delle più produttive e di qualità per il blues urbano, specie nei 60 e 70), ma con il pallino del fare le cose in autonomia e con in mente progetti importanti. Iglauer, mollata la Delmark, fonda l'etichetta Alligator, ben nota a tutti i lettori e che tutt’oggi rimane un punto fermo nella produzione di musica blues a livello internazionale. Il primo lp prodotto nel 71 dalla label di Iglauer è proprio Hound Dog Taylor & The Houserockers. I suoni sono quelli dei tempi di Maxwell Street, senza fronzoli o tentativi di addomesticare il grezzo boogie di Taylor, il risultato è ottimo e ottiene un insperato successo; la mancanza del basso nella formazione rende il loro sound particolarmente crudo e metallico e facilmente riconoscibile da un pubblico affamato di novità. Il successo del disco (vende quasi 10.000 copie…tante per un disco di blues prodotto da un etichetta indipendente) è accompagnato da un tour negli USA con Big Mama Thornton e Muddy Waters. Arriva poi il secondo lp: Natural Boogie (registrato nella medesima session del primo lp), destinato a diventare un classico del blues elettrico anni 70 e dopo un live tour in Australia e Nuova Zelanda con Freddie King, il terzo lp degli Houserockers (che uscirà postumo nel 1976): Beware The Dog, live album registrato alla Northwestern University di Evanston, Illinois e allo Smiling Dog Saloon di Cleveland, dove ancora di più si evidenziano le caratteristiche “tribali” del blues di Taylor, con la sua sferragliante slide, la martellante e atipica ritmica Phillips/Harvey e la sua voce piena di pathos, inoltre le lyrics dei suoi blues sono molto semplici, legate al ritmo della musica, quasi onomatopeiche. Particolarmente acclamato dal pubblico blues più giovane, incassa finalmente quel successo che se fosse arrivato prima lo avrebbe probabilmente incluso nel meglio del blues di Chicago del decennio, ma nel 75, all’età di 60 anni (era un accanito fumatore e bevitore impenitente), si ammala di cancro e scompare nel dicembre dello stesso anno. Lascia tre soli dischi che lo hanno comunque consacrato come uno dei bluesmen più originali degli anni 70 e che nell’84 lo fanno giustamente entrare nella Blues Hall Of Fame. La Alligator fa uscire sul mercato in seguito: Genuine Houserocking Music e Release The Hound, raccolte di brani live sempre molto interessanti e nel 98 il cd: Hound Dog Taylor-A Tribute con versioni dei suoi brani (Hawaiian Boogie, Let’s Get Funky, I Just Can Make It, Taylor’s Rock ecc…) suonate da Magic Slim, George Thorogood, Sonny Landreth, Son Seals, Gov’t Mule, Elvin Bishop e molti altri. Per sintetizzare la carica della sua musica tutta ritmo, aggressività, semplicità e immediatezza, qualcuno l’ha definito il “Ramones” del blues… RIP

(La discografia di Hound Dog Taylor è contenuta nell’articolo)

LETS GET FUNKY (Hound Dog Taylor)

Say what - I hear ya
Yeah, I hear ya yeah
You alright
Try, try it again, try it again
That's what she said
Baby, you should try it, you might like it
Honey, yeah, it's alright, I'll try

Yeah, yeah
Know what she told me
Can't tell ya
She said Hound Dog
I don't like you to do like that
I want you to do it this way
The way you do it
No way baby, lay it on me

I said honey I'm gonna try
I'm gonna try, I'm gonna try

I'm with ya
Baby your alright

You alright, you alright?
Show me
I can prove that you are
You be alright
You sure be alright
Your alright

That's good and that's good
Able and able

GONNA SEND YOU BACK TO GEORGIA  (Hound Dog Taylor)

Yeah I'm gonna send you back to Georgia
Honey that's where you belong
I'm gonna send you back to Georgia
Honey that's where you belong
Hang around here baby
And break up my happy home
I swear my mama told me
And your daddy too
As soon as you get a-what you want back
The way she's gonna do
I'm gonna send you back to Georgia
Honey that's where you belong
Hang around here baby
And break up my happy home
(repeat after break)
Goodby little woman
Is all I have to say
Give me back what I brought you
And be on your merry way
I'm gonna send you back to Georgia
Honey that's where you belong
Hang around here babe
And break up my happy home

 

Jimmy Dawkins: heavy blues…  di Guido Sfondrini

Fa piacere per una volta scrivere di un musicista blues…vivo !!! Spesso queste retrospettive sono dedicate a bluesmen (woman), nati all’inizio del 20° secolo, che hanno lasciato tracce mitiche della nostra musica, ma che per questioni meramente anagrafiche sono (purtroppo) scomparsi…Bene, Jimmy Dawkins è tuttora vivo e vegeto e benché non più giovane è ancora presente sulla scena blues, sia nell’attività live sia per le incisioni discografiche. Dawkins è un chitarrista/vocalist, proveniente da Tchoula, Mississipi, dove è nato nell’ottobre del 1936 ed appartiene a quella generazione di musicisti blues cresciuta artisticamente negli anni 60, cioè in un periodo pieno di avvenimenti storici per la comunità afro-americana ma anche di drammi, lutti e di una definitiva presa di coscienza di diritti fondamentali e della propria identità culturale. Jimmy riceve in regalo dalla madre la sua prima chitarra nel 1952, i giovani neri dell’epoca solevano chiamarsi tra loro con i nomi dei loro eroi musicali: John Lee Hooker, Muddy Waters ecc…e l’ambiente dove avveniva la loro maturazione grondava note blues in tutte le direzioni. Nel 1955 Jimmy Dawkins si trasferisce a Chicago, Mecca del blues urbano, proprio in un periodo che coincide con un momento di esplosiva creatività per molti artisti blues. Il giovane Jimmy è presto coinvolto da tutto ciò e le sue acerbe preferenze musicali vanno verso artisti come Fats Domino e Smiley Lewis ( a cui dedicherà un omaggio in uno dei suoi migliori lp: Blisterstring). Dopo una parentesi di un paio d’anni come operaio in una fabbrica di imballaggi, Dawkins comincia la sua carriera di musicista professionista nella band dell’armonicista Lester Hinton, in questo periodo ha l’occasione di suonare anche con Jimmy Rogers, Smokey Smothers, Koko Taylor, Guitar Slim e altri nomi importanti del Chicago blues. Accumula una notevole esperienza on stage e dal vivo spettacolarizza molto la sue prestazioni con movenze acrobatiche e suonando la chitarra con i denti (atteggiamenti comuni a molti bluesmen, ad esempio T.Bone Walker, che poi verranno ampiamente ripresi da rockstar come Hendrix e Mick Jagger), nel 60 la sua prima incisione come sessionmen nell’lp: Chicago Blues di Johnny Young edito dalla label King/Federal. Nel 69 il passo verso il primo lp solista è ormai maturo, messo sotto contratto dalla Delmark, esce il 33 gg.: Fast Fingers, con Lafayette Leake al piano e Mighty Joe Young seconda chitarra, il disco si apre con una killer cover di It Serves Me Right To Suffer di John Lee Hooker, che fa subito capire dove va a indirizzarsi il suono di Dawkins, verso un blues duro e sofferto, senza compromessi, immerso pienamente nel drammatico momento storico che vivono i neri d’America nel 1969, un ottimo esordio. Il disco vince il Grand Prix du Disque dell’Hot Club de France ed ottiene recensioni meritorie dalla critica specializzata. Tour europeo nel 71 e due lp con musicisti francesi e il chitarrista Mickey Baker per la Vogue e la Black & Blue: Jimmy Dawkins e Tribute To Orange. Ma tornato negli USA, sempre per la Delmark, registra: All For Business, il risultato è un disco formidabile, per contenuti e forma. Risentendo le sue prime note ancora oggi fa accapponare la pelle !!! Chicago blues allo stato puro, suoni cattivi e una lead guitar ruggente, Jimmy lascia quasi del tutto il ruolo della voce al cantante Big Voice Odum, che raccoglie la sfida fornendo una prestazione eccellente, alla seconda chitarra un grande del blues elettrico: Otis Rush e James Conley al sassofono; brani come l’omonima All For Business, Moon Men, Born In Poverty e Welfare Line Blues dicono tutto, soprattutto gli slow blues, drammatici e coinvolgenti…e Sweet Home Chicago che non è lo standard di Robert Johnson, ma uno strumentale dove duellano senza tregua per quasi otto minuti le soliste di Dawkins e Rush, per me un must del blues urbano anni 70. In seguito nel 72 registra a Londra: Transatlantic 770, ottima jam session con musicisti del british blues come: Bob Brunning (Fleetwood Mac e Brunning Sunflower Blues Band), Tony Stevens (Savoy Brown e Foghat), Chris Mercer (Bluesbreakers e Juicy Lucy) e il pianista Pete Wingfield (Jellybread), uscito per l’etichetta Excello, anche questo è un buon lavoro, da ri-ascoltare con attenzione. Poi altri tour in Europa e Giappone, Dawkins scrive con successo sul magazine Living Blues, registra con la label francese MCM per la serie di live recordings: Direct From Chicago, curata da Marcelle Morgantini (avevo questi dischi live, intitolati: I Want You Know e Come Back Baby, blues veramente ruvido e bollente con la chitarra distorta di JD grande protagonista ma con una registrazione di mediocre qualità); suona al Festival di Montreux con i fratelli Meyers, Lafayette Leake e Fred Below, ne esce il disco: Montreux Blues Festival lp antologico, credo, oggi introvabile. Con la metà dei seventies la band che supporta JD è composta da: Jimmy Johnson ( 2nd gtr), Silvester Boynes (bass) e Tyrone Centuray (dms.), con questa band registra nel 76: Blisterstring (Delmark), che conferma la qualità del suo blues ma con qualche calo di concentrazione, la furibonda intensità emotiva dei primi lavori va un po’ a perdersi, ma forse sono i tempi che cambiano ad influenzare il tipo di sound prodotto. Da segnalare che la cd-r di questo disco (come quella di All For Business) contiene alcuni interessanti brani inediti; inoltre l’ottima band di JD supporta Otis Rush nel rovente: Live In Japan del 75. Con la fine degli anni 70, JD suona molto dal vivo, ma ritorna in studio di registrazione solo nell’81 con: Hot Wire con il batterista Jim Shutte e poi mette in piedi una casa di produzione discografica, la Leric che produce lavori di Queen Sylvia Embry, Tail Dragger, Nora Jean Wallace e altri artisti. Poi ancora alcuni sporadici lavori discografici sino a: Blues And Pain (Ichiban 94) un ottimo cd che lo riporta alle sonorità anni 70 a lui più congeniali, spicca il brano Lonely Guitar Men che riperpetua la sua migliore vena compositiva. Dawkins, musicista poco incline a concedersi ai media e geloso della sua privacy, continua coerentemente il suo rapporto con il pubblico attraverso il blues, nel 99 effettua un tour nei paesi Scandinavi e suona nei blues festival in giro per il mondo, nel 2004 la sua ultima fatica discografica con il cd: Tell My Baby (Fedora 04). Jimmy Dawkins è un bluesmen vero, uno che ama la musica che fa, concedendo poco (o nulla…) alle mode, suonando il suo blues sempre con feeling e passione, i suoi primi lavori degli anni 70 non possono mancare nella “discoteca blues” ideale di ogni appassionato, sono dischi bellissimi che toccano le corde più profonde con i loro suoni blues drammatici e coinvolgenti, i testi sempre attenti al sociale e alla vita reale della comunità afro-americana, di ieri e di oggi. Lunga vita!!!

In appendiceun paio di testi di Jimmy Dawkins scritti in epoche molto diverse.

Welfare Line (1971)

I get up early in the morning,
I'll be standin' at the welfare line.
I get up early in the morning,
Lord, I'll be standin' at that welfare line.
I keep talkin' to my case worker,
but the governor don't seem to pay me no mind,
Lord, tell me what can I do ?
I see people ridin' in Cadillacs,
my ... seems like they're doin' alright
I see people ridin' in big Cadilacs,
my ... seems like they're doin' alright.
But I wanna know,
Oh Lord, I need some food to make it through the night.
Everybody says it's gonna be alright after a while,
I can't see,
I'm moaning the blues,
Lord, they say it's gonna be alright after a while,
I can't feet my own like a baby child.
I see my caseworker,
along the fourth time,
but for the next three years and a half and forty-four
she don't pay no mind.
It seems like politics,
politics, politics in a world of sin.
(that's why) early in the morning,
I'll be standin' at that welfare line.
Early in the morning,
it don't have to be Monday,
any day I do,
I keep talkin' to my case worker,
but the governor don't seem to pay me no mind.
Oh, I don't know what I'm gonna do.

Lonely Guitar Man (1994)

Now here I am playing the blues,
and doing the very best that I can.
The whole world is talking down on me,
but I know they just don't understand.
So I'm going on singing and playing the blues,
I'm just a lonely guitar man.
Going on singing and playing my blues,
cause I'm just a lonely guitar man.
When it comes down to money and other things,
I don't have none.
But when I play my guitar,
I have a whole lots of fun.
World down on me,
I know they don't understand.
Going on singing and playing my blues,
I'm just a lonely guitar man.
Going on singing and playing my blues,
just a lonely guitar man.
listen: lost the woman that I loved,
I think she got another man.
I tried to do everything for her,
but I know she don't understand.
Going on singing and playing the blues,
oh, she don't understand.
Singing and playing my blues,
cause I'm just a lonely guitar man
Cause I'm just a lonely guitar man

 


Howlin' Wolf: The Crawling King Snake 
 di Guido Sfondrini

Da ragazzo era soprannominato Big Foot Chester e Bull Cow per la sua stazza già imponente (era alto 1.98 e pesava più di 130kg.), da adulto lo soprannominarono Howlin Wolf per la sua voce lupa e grezza e per i tipici ululati e il mumbling gutturale che emetteva quando cantava i suoi blues. On stage cadeva in una sorta di stato di trance e trasudava erotismo da tutti i pori, totalmente coinvolto dal ritmo ipnotico della sua musica. Contrappuntava la propria voce con il bending distorto della sua blues harp, sostenuto dal ritmo incalzante della band impegnata ad accompagnarlo e dalla lead guitar di Hubert Sumlin…
Chester Burnett era il suo vero nome, un bluesmen fondamentale del ventennio d’oro 50/70 e uno che ha contribuito in modo altrettanto fondamentale alla nascita del rock'n’roll, non solo per le decine di sue songs riprese da una moltitudine di artisti rock (dai Rolling Stones ai Doors, da Jimi Hendrix sino ai Soundgarden negli anni 90…), ma anche per un “atteggiamento” interpretativo aggressivo e ritmicamente ossessivo che ha fatto scuola per almeno 30 anni, sia tra i musicisti neri che quelli bianchi .
Nativo di White Station (West Point) nello stato del Mississipi nel 1910, vive in campagna e molto giovane ha modo di ascoltare Charlie Patton presso la Dockery Plantation, dove risiede con la famiglia, e di imparare da lui i primi rudimenti sulla chitarra; poi impara a suonare l’armonica con un maestro d’eccezione, quel Rice Miller, poi noto con il nickname di Sonny Boy Williamson II, con la cui sorella Wolf convive per un periodo della sua vita giovanile. Contadino negli anni 30, presta il servizio militare e durante la seconda guerra mondiale è di stanza a Seattle come radiotelegrafista. Finita la guerra, nel '48, mette in piedi la sua prima bluesband, con i chitarristi Matt Murphy e Willie Johnson e gli armonicisti Junior Parker e James Cotton; lavora per la stazione radio KWEM di West Memphis in Tennessee; alterna le performance musicali con il lavoro di farmer e nel '51 ha una audizione con Sam Phillips della Memphis Recording Service (colui che per primo scoprirà Elvis, Jerry Lee Lewis e altri miti del r'n’r oltre che patron ed il fondatore dell’etichetta Sun). Wolf è un musicista già noto a livello locale, la sua prime sessions sono per Phillips e i Bihari Brothers, la sua prima registrazione è: Moaning At Midnight/ How Many More Years per la RPM Records alla fine del 1951. Ad accompagnarlo alla chitarra Willie Johnson, alla batteria Willie Steele e al piano Ike Turner, futuro protagonista del soul con la moglie Tina. Con lui in questo periodo suona anche il chitarrista dell’Arkansas Auburn “Pat” Hare (morto in prigione ove scontava l'ergastolo per l'uccisione di un polizziotto...). Nel '53 Wolf va a vivere a Chicago, cooptato e messo a contratto dalla Chess, etichetta monstre del blues urbano. Questo è anche il periodo del suo incontro con un altro chitarrista originario di Memphis: Hubert Sumlin, uno che suonerà con Wolf per tutta una vita e sarà a sua volta uno dei migliori solisti del Chicago blues sino ai giorni nostri (Sumlin è tuttora attivo nel mondo del blues…). Negli anni 50, brani come How Many More Years e Smockestack Lightning sono già degli hits e nel '58 il nostro registra il primo album: Moanin In The Moonlight. Inizia il suo periodo di maggiore creatività, si succedono brani che hanno fatto la storia del blues: Wang Dang Doodle, Spoonful, I Ain’t Superstitious, Goin Down Slow, Little Red Rooster, Evil, Back Door Men, Sittin On Top Of The World, Commit A Crime, alcuni di questi composti in collaborazione con Willie Dixon. Questi blues saranno ripresi da decine di musicisti, blues e rock, neri e bianchi, diventando veri e propri standard. Arrivano gli anni 60, Wolf ha ormai una fama consolidata e si esibisce regolarmente in note venues di Chicago come il 708 e il Sylvio’s Lounge; in questo periodo suona anche in molte sessions presso gli studi Chess con musicisti come Johnny Jones e l’immenso Otis Spann. E’ l’epoca in cui il blues viene sdoganato dalla sua esclusiva appartenenza culturale al mondo degli afro americani e comincia sempre di più ad essere interessante per il pubblico bianco. E' anche il periodo dell’American Folk Blues Festival e dei suoi tours itineranti in Europa e perfino oltre la Cortina di Ferro, (solo “l’ignorante” Italia sanremese rimane esclusa, almeno fino al 1973), di cui Howlin Wolf è stato uno dei maggiori protagonisti. Nel '65 appare alla TV nel programma della rete ABC: Shindig, presentato dal dj Jimmy O’Neill e fortemente voluto dalle emergenti superstars del rock, i Rolling Stones. Nel '67 registra l’lp: Super Super Blues Band per la Chess, con Muddy Waters e Bo Diddley. I tre, impegnati in un furibondo mix di blues, funk e r'n’r, alternano al canto le loro voci inconfondibili, tra i miagolii della blues harp di Wolf, la slide di Muddy Waters e suoni twang della Gretsch a cassa rettangolare di Bo Diddley… un'orgia di blues elettrico travolgente e ipnotico, riascoltatelo… Nel '71 registra per la MCA la sua London Session, con ospiti di lusso come: Eric Clapton, Bill Wyman, Charlie Watts e Ian Stewart degli Stones, Stevie Winwood e il giovane armonicista prodigio Jeff Carp. Il risultato è notevole ed in particolare la cd-r expanded di questo disco, che contiene, oltre al disco originale, le prove di studio e alcuni inediti, è altamente consigliata a chiunque voglia ascoltare del blues black & white di alta qualità. Pur non assistito da una salute ottimale (deve essere sottoposto a dialisi tre volte la settimana), Wolf continua come può la sua attività dal vivo. Dopo un'infanzia di povertà, tipica di quasi tutti i musicisti blues dell’epoca, Wolf conquista una certa tranquillità economica. Agli inizi della carriera esagera con l’alcool e il gioco d’azzardo, poi si sposa con Lillie e cresce le due figlie avute da una precedente relazione. Si rimette quindi a studiare e diventa un ottimo manager di se stesso (Wolf non solo pagava bene quelli che suonavano con lui, ma si interessava che fossero coperti dall’assicurazione sanitaria, necessaria negli USA per curarsi in caso di malattia): un vero bandleader a tutti gli effetti. Il suo ultimo concerto è al Chicago Amphiteater nel novembre del '75. Wolf divide lo stage con BB King, Albert King e Luther Allison, concludendo la sua performance con una devastante versione di Crawling King Snake con il pubblico che gli tributa una vera e propria standing ovation. Tornato nel backstage viene colto da malore. Howlin Wolf muore due mesi dopo, nel 1976, all’età di 65 anni all’Hines Veterans Hospital di Hines, Cook County, Illinois. La sua voce roca è stata e rimane un marchio inconfondibile del blues; le sue composizioni sono la storia del blues; la sua presenza scenica, leggendaria. Con Muddy Waters, John Lee Hooker e qualche altro, è stata una delle figure fondamentali del Blues negli anni 50, 60 e 70. Wolf non a caso è inserito nella Rock'n’Roll Hall of Fame, nella Blues Hall of Fame e nella Mississipi Musicians Hall of Fame. Il suo brano Smockestack Lightning è diventato Grammy Awards come singolo nel 1999 e molte raccolte postume di sue incisioni hanno ottenuto il Blues Music Awards.
Concludo questo articolo dicendo che Howlin Wolf è uno dei miei bluesmen preferiti. Il pathos provocato dalla sua interpretazione del blues era enorme; non era certo un virtuoso né dell’armonica, né della chitarra, ma la sua carica era unica e il feeling che sapeva esprimere debordante. E' stato inoltre anche l’incontrastato ispiratore di uno dei più originali musicisti rock degli anni 60 e 70, quel Captain Beefheart che seppe ingoiare, masticare e digerire il blues cantato da Howlin Wolf, trasformandolo in una forma musicale aliena e contemporaneamente sempre in linea con i significati più reconditi di questa musica… e a Chester Burnett tutto questo senz’altro piaceva…

Discografia base:

THE CHESS YEARS:
 
- MOANIN' IN THE MOONLIGHT (Chess 9195) released 1959
Moanin' at Midnight / How Many More Years / Smokestack Lightnin' / Baby, How Long / No Place To Go / All Night Boogie / Evil / I'm Leaving You / Moanin' For My Baby / I Asked For Water (She Gave Me Gasoline) / Forty-Four / Somebody in My Home
- HOWLIN' WOLF ('the Rocking Chair LP') (Chess 1469) released January 11 1962
Shake For Me / The Red Rooster / You'll Be Mine / Who's Been Talkin' / Wang Dang Doodle / Little Baby / Spoonful / Going Down Slow / Down In The Bottom / Back Door Man / Howlin' For My Baby / Tell Me
- THE REAL FOLK BLUES (Chess 9273) released January 1966
Killing Floor / Louise / Poor Boy / Sittin' On Top of the World / Nature / My Country Sugar Mama / Tail Dragger / Three Hundred Pounds of Joy / Natchez Burnin' / Built For Comfort / Ooh Baby / Hold Me / Tell Me What I've Done
- MORE REAL FOLK BLUES (Chess 9279) released January 27, 1967
Just My Kind / I've Got A Woman / Work for Your Money / I'll Be Around / You Can't Be Beat / You Gonna Wreck My Life / I Love My Baby / Neighbors / I'm the Wolf / Rocking Daddy / Who Will Be Next? / I Have A Little Girl
- THE HOWLIN' WOLF ALBUM (Cadet 319) released January 1969
Spoonful / Tail Dragger / Smokestack Lightnin' / Somebody In My Home / Moanin' At Midnight / Built For Comfort / The Red Rooster / Evil / Down In The Bottom / Three Hundred Pounds of Joy / Back Door Man
- EVIL (Chess 1540) released October 1969
(re-release of MOANIN' IN THE MOONLIGHT)
- MESSAGE TO THE YOUNG (Chess 50002) released March 16, 1971
If I Were A Bird / I Smell A Rat / Miss James / Message to the Young / She's Lookin' Good / Just As Long / Romance Without Finance / Turn Me On
* THE LONDON SESSION (Chess 9297) released Summer 1971 with Eric Clapton/Bill Wyman/Charlie Watts/Steve Winwood/Jeff Carp/ Ian Stewart
* LIVE AND COOKIN' (AT ALICE'S REVISTED) (Chess 9339) released July 1972
- THE BACK DOOR WOLF (Chess 9358) released November 19 1973
Moving / Coon on the Moon / Speak Now Woman / Trying To Forget You / Stop Using Me / Leave Here Walking / The Back Door Wolf / You Turn Slick On Me / Watergate Blues / Can't Stay Here

Un paio di testi...

SITTIN' ON TOP OF THE WORLD (Chester Burnett, Arc Music Corp- BMI)

One summer day, she went away.
She gone and left me, she gone to stay.
But now she gone, and I don't worry.
'Cause I'm sitting on top of the world.

Worked all the summer, and worked all the fall.
I had to take my Christmas, in my overall.
But now she gone, and I don't worry.
Because I'm sitting on top of the world.

Goin' down to the freight yard, just to meet a freight train.
I'm gonna leave this town, well it's just got too hard.
But now she gone, and I don't worry.
'Cause I'm sitting on top of the world.

One summer day, she went away.
She gone and left me, she gone to stay.
But now she gone, and I don't worry.
'Cause I'm sitting on top of the world.
 

MOANIN' AT MIDNIGHT (Chester Burnett, Arc Music Corp- BMI)

Well, somebody knocking on my door
Well, somebody knocking on my door
Well, I'm so worried, don't know where to go

Well, somebody calling me, calling on my telephone
Well, somebody calling me, over my telephone
Well, keep on calling, tell them I'm not at home

(Hums)

Well, don't not worry, Daddy's gone to bed


- foto tratte dal Chess Box - Chess/MPA, 1991
 

 
Rory Gallagher   di Martino Palmisano

"Per diventare una superstar devi cominciare a programmare tutto: come ti presenti, che musica suoni, chi devi avere intorno, e devi dare anche retta a troppa gente che studia la tua carriera. Io ho voluto pensare solo alla mia musica e mi sono tenuto alla larga dal grande business". In questa dichiarazione c'è tutto il pensiero di Rory Gallagher. Ho aspettato dieci anni per dedicargli un articolo. Parlare dei propri miti giovanili non è facile, si rischia di cadere nella retorica.
Il 14 giugno del 1995 Rory se n'è andato in silenzio, senza suscitare clamori, a soli 46 anni. Il trapianto di fegato al quale si era dovuto sottoporre era andato male. Quel giorno piansi. Ricordo che la televisione di Stato Irlandese interruppe le trasmissioni per darne l'annuncio. La B.B.C. mandò in onda uno speciale di 10 ore sulla sua vita. I funerali vennero trasmessi in diretta nazionale e Jeff Beck e Van Morrison lessero l'epitaffio tra la commozione generale. Fu intitolata una piazza in suo onore ed una scultura in ricordo della sua arte. Gli Irlandesi tenevano seriamente a lui. Il giorno dopo comprai tutti i quotidiani disponibili. Tutti riportavano la notizia. Conservo ancora gelosamente gli articoli tra le cose più care.
Rory Gallegher amava definirsi "chitarrista per il popolo". Insisteva sempre con gli organizzatori per tenere i prezzi dei biglietti a basso costo. "The Edge" degli U2 e Stewart Copeland dei Police, hanno deciso di intraprendere la carriera musicale dopo averlo visto in azione. Ci credo!
Nato il 2 marzo del '49 a Ballyshannan, ben presto si trasferisce a Cork, la terza città per grandezza, dell'Irlanda, conosciuta anche per il suo importante porto di mare. A 12 anni, nel 1960, vince un concorso di giovani talenti nella sua città. Nel 1962 acquista la storica Fender scortecciata e sverniciata che lo accompagnerà fedelmente per tutta la vita. Accarezzandola o maltrattandola, rimarrà sempre al suo fianco. Nel 1967 fonda i Taste. Camicia a quadroni, jeans sdruciti, Rory diviene un'icona del rock-blues. Nel 1971 avvia la carriera solista con il suo energico e adrenalinico sound. Suona con Muddy Waters nel mitico "London Session". Nel 1974 viene invitato in Olanda dai Rolling Stones per un'audizione: bisogna rimpiazzare Mick Taylor! Sapete tutti come è andata... Rory, effettua quindi un tour in Irlanda, sebbene sconsigliato da tutti gli organizzatori, perchè a Cork, Dublino, Londonderry e Belfast, nessuno si sognava di suonare da anni, data la guerra a suon di bombe e morti tra cattolici e protestanti. Si scherzava poco in quel periodo. Il successo è però senza precedenti, al punto di consentire ad “Irish Tour” di vendere a palate ancor oggi.
Nel 1977 suona al Montreaux Festival con Albert King, una performance documentata nel "Live" di King. Nel 1994 suona, davanti a 50.000 fans, al First Templebar Blues Festival a Dublino. Quello stesso anno suona al Pistoia blues festival (foto). Mancava dall'Italia da dieci anni. Comprai i biglietti in prevendita alla Ricordi di Bari con quasi due mesi di anticipo. Sapevo che quella serata sarebbe stata unica per i fans dell'irlandese sparsi su tutto il territorio nazionale. Nessuno poteva immaginare che quella sarebbe stata l'ultima esibizione nel nostro paese. "Continental Op", "Moonchild", "I Wonder Who", "Tattoo’d Lady", "Western Plain", ”Messin' with the Kid"... sudore, lacrime e pelle d'oca a manetta. Il concerto terminò con una devastante "La Bamba". Ancora lacrime. Ma è inutile scrivere le sensazioni. Chi non era presente non può capire. Alle due di notte (non stò a dirvi come) in sette fummo ricevuti nei camerini dove era anche allestito un piccolo buffet. Mi offri una birra... se venite a casa la bottiglia è ancora integra in bella mostra.
Scrissi al fratello Donàl, due giorni dopo la sua scomparsa, una poesia che non ho mai fatto leggere a nessuno. Mi rispose qualche settimana dopo con due parole: "Thank Italy".
Ha tenuto il suo ultimo concerto il 10 gennaio '95 a Rotterdam.
 

 

 

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