Derek Trucks sull'arte della slide guitar (intervista
per MusicRadar.com
di Henry Yates) traduzione
ed adattamento Gianni Franchi,
introduzione Michele Lotta
Derek
Trucks è uno dei chitarristi più apprezzati ed
attivi del momento ed è figlio d’arte. Lo zio Butch Trucks (morto suicida, si dice per difficoltà finanziarie,
a gennaio del 2017 - R.I.P.) fu
batterista, nonchè membro fondatore, della Allman Brothers Band. Derek
- per sua grande fortuna! - è cresciuto in un ambiente "didatticamente"
stimolante ed
ha pertanto avuto l'opportunità di maneggiare prestissimo la
sei corde. Sono certo che molti di voi lo abbiano
visto con
i pantaloni corti (nel famoso video su You Tube - foto a lato) suonare
la
chitarra slide
in apertura
per gli Allman, ai quali si unirà nel '99. L'utilizzo della slide è
stato sempre il suo
punto di forza
e l’interessante intervista di Henry Yates (pubblicata nel sito
MusicRadar.com) è incentrata proprio su
questa tecnica: le accordature utilizzate, lo scivolamento del
bottleneck (metallo o vetro?), la sua chitarra preferita, il set up,
ecc.
Dal 2001 Dereck è sposato con la bionda chitarrista e cantante di Boston Susan Tedeschi.
Prima di allestire una band assieme, hanno suonato con i rispettivi
gruppi fino al 2010, anno in cui è nata la Tedeschi Trucks Band che già vanta tre album in studio e due dal vivo.
Trucks è nato a Jacksonville, Florida, nel 1979 ed il suo suono
possiede (non potrebbe essere altrimenti...) un'evidente matrice
southern.
"Dai
primi esperimenti con una
chitarra acustica da pochi soldi, Derek Trucks è divenuto uno dei più
grandi
chitarristi slide moderni, ammirato da Guthrie Govan a Clapton.
Abbiamo
chiesto a Derek sui suoi trucchi per tirare fuori il paradiso da 6
corde di metallo.
Intervista
Quale
è la prima cosa che ti
ha colpito della slide?
“Il
sound di Duane Allman sui
dischi... Fillmore East e Layla... Mi ricordo avevo 8 o 9 anni; è
stata la
prima musica che mi ha colpito veramente. E la successiva connessione,
pressappoco
alla stessa età, i dischi di Elmore James che aveva mio padre. Era il
suono.
C'era qualcosa nel potere della chitarra slide, il modo in cui emulava
la voce
umana.“
Cosa
aveva in più la slide
rispetto alla chitarra normale?
“Io
penso che sia uno degli
strumenti più lirici se usato correttamente. Nello stesso modo in cui
mi
colpisce un grande cantante gospel o soul, sono i microtoni che usa.
Sai quel
modo di alzare ed abbassare una nota. Non c'è una distinzione tra una
nota e
quella che segue: puoi sentire tutti i passaggi tra una e l'altra. In
una
buona serata ed in buone mani, è una cosa spettacolare, molto potente.
Io
credo che sia assai più difficile per un chitarrista slide colpire la
gente al
contrario della chitarra suonata in maniera classica, perché è cosi
crudo ed
onesto. Sai tu puoi sederti nella tua stanza,
esercitarti tutto
il giorno, imparare scale e riff blues, è facile nascondersi dietro
questi.
Ma con la slide è un po' più difficile. Avrai sentito sicuro gente che
con la
slide non si può ascoltare“.
La
Slide suona terribile nella
mani sbagliate?
“Terribile.
E' uno strumento
pericoloso. Può suonare come la più bella voce femminile o come se
qualcuno
stesse scuoiando un gatto“.
I
tuoi primi passi come
musicista?
“A
9 anni quando ho comprato
la mia prima chitarra ad una vendita da un garage. Mi ricordo che mio
padre mi
ha fatto vedere qualcosa sulla chitarra, ma quando un suo amico mi ha
fatto
vedere una slide – un semplice tubo di acciaio – mi ha veramente
preso.
Era il suono che stavo cercando. Ho suonato per prima su una
acustica e,
sono certo, il primo riff che ho provato a suonare era "Dust
My
Broom", che è quello con cui iniziano tutti, poi "Statesboro Blues". E'
successo
tutto molto velocemente. Quando hai quella età, alcune cose ti vengono
naturali ed io sono stato fortunato era come la mia seconda natura. In
pochi
mesi ho iniziato a suonare. Sono sicuro che se potessi andare indietro
nel
tempo sarebbe duro riascoltare quello che suonavo i primi tempi. Adesso
vedrei tutte le mancanze di cui non mi rendevo conto quando le stavo
suonando.
Ti
ricordi quale è stato il
passo avanti fondamentale?
“Per
me, trovare altra gente
che suonava. Sono già stato abbastanza fortunato che mio padre conosceva
tanti musicisti a cui chiedeva di tanto in tanto di insegnarmi
qualcosa. Ma la
prima volta che vidi il tipo che suonava con l'accordatura di Mi aperto
E [E B
E G# B E] mi si aprirono tutte le porte. Mi ricordo che molto del sound
che io
sentivo sui dischi di Elmore Duane non veniva con l'accordatura
standard.
Come
ho accordato la chitarra
in MI aperto mi sembrava di avere tutto li. Queste cose sono state le
basi per
costruire.”
Quale
è stata la sfida nel
suonare la slide all'inizio?
“Credo
che la cosa più
difficile riguardo la slide cosa che probabilmente non avevo cosi in
mente, è
l'intonazione. Sai, suonare intonati. E' la cosa più importante
nella
slide. Per me è come cantare. Se non prendi la nota giusta e la fai
scivolare
nel modo giusto, con le giuste inflessioni, non hai raggiunto il tuo
scopo.
Per me l'intonazione è stata una parte che mi è venuta naturale.
Credo
che aver ascoltato musica nel modo che mio padre mi suggeriva, dicendo
quanto
era importante vedere un musicista suonare una nota correttamente
piuttosto che
suonarne mille veloci. Questo era il punto. Sostanza non velocità."
"La
chitarra slide
è uno strumento un po' frustrante quando inizi. Se prendi 10 persone e
gli
mostri come suonare una scala, e loro usano i tasti giusti, suonerà
abbastanza bene. Ma metti 10 principianti con una slide... non suonerà
così
bene. Ed all'inizio molta gente ne è spaventata. La
curva di apprendimento può essere un po' ripida."
Che
materiale preferisci per
la tua slide?
“All'inizio
era di metallo.
Poi mi ha colpito il fatto che di vetro aveva un suono molto più dolce, non
così evidente all'orecchio. Ho provato con un coltello od
una bottiglia? Yeah, certo, di tutto, bottiglie di vino, ossi di bistecca. Mi
ricordo che
leggendo il libro Deep Blues di
Robert Palmer riguardo i suonatori del profondo sud del Delta e sul fatto che usavano
qualunque
cosa. Coltelli da burro, accendini, ossa della carne. Qualunque cosa
trovassero. Negli anni li ho provati tutti per aver suoni diversi“
Quanto
influiscono le corde
sul tuo suono?
“Yeah.
Io non credo debbano essere troppo sottili, troppo difficile far
cantare una nota così. Ma con la tua strumentazione devi trovare il
tuo sound. Mi ricordo non tanto tempo fa, suonando con Billy Gibbons e
pensando
al bellismo tono che aveva – poi ho visto che usava corde molto sottili. Prima
di quello pensavo che più grandi erano le corde migliore era il tono.
Punto.
Così odio dire alla gente di non continuare a cercare il proprio suono,
ma per
me, il set è DR strings da 0.011 a 0.046. Così è 0.011,
0.014,
0.017, 0.026, 0.036, 0.046, un ibrido di set differenti. Ci sono
arrivato dopo
anni. All'inizio comprava una muta di corde e pensavo – non mi piace
come suona
la terza corda. Dopo anni di tour alla fine capisci quello che ti
suona bene.
Io ho corde più grandi sopra. Puoi spingere un po' di più su queste
senza
perdere il tono giusto.”
Hai
mai riascoltato una registrazione di una tua parte suonata con la
slide e pensato “Qui ho fatto fuoco e fiamme“?
“Non
lo ho pensato spesso. Non
mi riascolto molto ma occasionalmente, risuonando qualche brano ho
riscoperto delle cose che che mi piacciono. Succede. Cerco di non
stare li a
riascoltarmi essendo un fan di me stesso, ma quando abbiamo registrato
"Midnight
In Harlem", ed è partita la parte dei soli, è stato semplice e mi
ricordo di
aver avuto quella sensazione. Quello è un esempio di quando registri un
brano e
poi ne sei orgoglioso. Ci sono volte quando sono in studio o sul palco
e succede.
Ci sono altre tracce ed altre notti in cui vorresti aver fatto meglio.
Ma
quando succede che le cose vanno in alto come si deve è come se fosse
naturale.”
Credi
che suonare la slide sia
una tecnica ancora in voga o un arte che scompare?
Dico, ci sono persone
come Luther Dickinson, e molti altri giovani. Mi ricordo un
documentario sui
lanciatori della Major League di Baseball, e sul fatto che ce ne erano
pochi
specializzati in quello. Solo una piccola percentuale si specializzerà
sul suonare la slide e non mi dispiace.”
Hai
qualche consiglio per i
lettori per migliorare nel suonare la slide?
“Ci
sono piccole cose. Mi
ricordo che mi è stato detto come dopo che hai preso una nota devi
staccarla, invece di tenerla. Ma io credo che se la lasci
morire come
viene naturale quando canti o parli sia meglio.”
Tu
sei un Dio della slide. Hai
mai analizzato in cosa il tuo stile differisce da altri musicisti?
“Sai, non ho studiato
abbastanza per dirlo, ma credo che è il modo in cui ascolti e
affronti le
cose. Io sono cresciuto con un suono intorno che mi ha dato un certo
vantaggio. Non credo di fare niente di così difficile che gli altri non possono
fare ora
o nel futuro. Io sono spesso, in questo momento, guardato come il
giovane del
gruppo dalla gente. Ma recentemente ho visto dei ragazzi giovanissimi
che ho
pensato “shit!“ c'è gente che suona!!”.
Quest'anno
vedremo il lancio della Derek Trucks signature model SG,
basata su alcune cose delle tue chitarre da palco. Dicci qualcosa in
più...
“Il
nuovo modello
signature ha tutte le piccole modifiche che abbiamo apportato
alle mie SG
nel corso degli anni. Ha differenti manopole del volume per un suono
più pulito
e differenti condensatori. Sai, la mia SG (una ’61 SG-shape Les
Paul con
un Lyre vibrato) aveva una leva vibrato, ma la abbiamo tolta e messo
un ponte
normale. La chitarra che alla fine mi hanno costruito è favolosa. Ha
un set-up
normale non specifico per la slide. Ma comunque anche quando suono
sulla mia
SG in accordatura aperta, la action non è altissima.“
Cosa
ti ha fatto scegliere una
SG per la slide?
“La
SG ha sempre funzionato
bene. Voglio dire, le mie prime chitarre erano chitarre prese all'asta
di un
garage o di un banco dei pegni. Ma la mia prima vera chitarra è stata
una SG nei
primi anni 90. Ne ho provate altre ma sono sempre tornato alla mia SG
– C'e
qualcosa forse nel peso, nel suono con la slide, la facilita di
accesso al
manico. Mi ci trovo bene-
Hai
un set up particolare?
“Sai, suono principalmente in
MI aperto e credo per questo non devo avere una action (altezza della
corde
dalla tastiera, ndt) troppo alta. La mia Sg.ra ha una action
relativamente
bassa. Niente di particolare. Credo che il suono sia fatto piu dalle
tue
mani, dal tuo approccio ed attacco, che dalla tua attrezzatura.”
Si
ringrazia Alessandro Angelucci per la consulenza tecnica.
Jas Obrecht racconta il periodo inglese di Jimi Hendrix traduzione ed adattamento Ganni Franchi
E' uscito il nuovo
libro di Jas Obrecht (scrittore ed editore di Guitar Player) “Stone Free:
Jimi Hendrix In London, September 1966 - June 1967“.
Lo
scrittore esamina un momento cruciale della vita artistica di Jimi nei suoi
giorni londinesi. Questo è un estratto del libro già pubblicato su Guitar
Player.
Durante il loro viaggio di Febbraio (1967, ndt) fuori Londra,
gli Experience non sapevano veramente cosa aspettarsi. Noel Redding ne esamina alcuni punti nell'articolo che scrisse per
“Beat Instrumental“ sulla prima performance del gruppo avvenuta il 1° Febbraio in una città sulla costa del
South Shields. Il locale era il New Cellar, un posto poi divenuto un bar e
pubblicizzato come "The £50,000 Disco Club". “Riguardo l'unica data pessima che
abbiamo avuto fu nel South Shields,” scrive Noel “arrivammo in ritardo, andavamo molto di corsa. Ci ritrovammo
all'improvviso sul retro di un palco, giusto il tempo di accordare ed un
minuto per entrare in scena. Avevamo questi nuovi amplificatori Marshall da
200 watt, il tempo di accordarci e quello di Jimi non funzionava più.
Jimi si attaccò al mio ampli mentre io mi guardavo intorno per vedere se c'era
qualcosa che potevo utilizzare. Alla fine rimediai un piccolo ampli in prestito
da un gruppo che aveva già suonato, sarà stato qualcosa come 5 watt. Provammo
a fare qualche nota ed avevamo un suono orribile, il mio basso distorceva come
un matto.
Gerry Stickells, il road manager del gruppo, arrivò, mi fece attaccare all'impianto di
amplificazione e collegò la voce sul piccolo ampli. Naturalmente da quello non
riuscivamo a sentire una parola eccetto nei breaks dove non suonavamo, quando
almeno un timido sussuro si sentiva. Siccome questo non era sufficiente, alla
fine siamo scappati di corsa dietro al palco mentre la gente del pubblico
cercava di prenderci. Io mi ero attaccato a Jimi e lui a Mitch, e per poco non
ci hanno schiacciato contro il muro. E' una vita dura lavorare con Jimi ma mi
piace“.
Suonare
ad alto volume aumentava i rischi che gli amplificatori ed altro
equipaggiamento si rompessero. “Noi
dovevamo suonare ad alto volume per veicolare la nostra idea di una orchestra
in soli tre pezzi”. Redding spiega: “Avevamo
amplificatori a destra, sinistra ed al centro ed alzavamo il volume al massimo,
cercando di riempire ogni spazio tra il noi ed il pubblico con il suono. Per
sentirmi, a Jimi piaceva avere una delle mie casse vicino a lui. Io non avevo
problemi invece a sentire lui. Il povero Mitch, che a quei tempi non riusciva a
sentirci (non c'erano monitor), cercava di seguire guardando ritmo delle mie
dita, era lasciato ad impazzire senza nessuna assistenza dell'elettronica,
cercando di competere con centinaia di watt solo con la sua energia.
Microfonare la batteria era una cosa sconosciuta e le nostre richieste tecniche
già terrorizzavano i clubs.”
Il 2
Febbraio, il singolo “Hey Joe” balzò
al numero 7 nelle classifiche. Quella sera “Top of
the Pops” mise di nuovo in onda la nostra esibizione di dicembre di “Hey
Joe.” In quel momento noi eravamo a
Durham, pronti per suonare al Blue Pad, un club R&B nell'Imperial Hotel”.
Ian Wright, fotografo del giornale locale, the Northern Echo, era presente al sound check: “Come iniziarono, fu indescrivibile. Dopo pochi minuti partirono i
fusibili degli amplificatori e subito dopo quelli delle luci. Diventò tutto buio. ”Poco dopo, Jimi
rilasciò una breve intervista a Allene James, che si occupava della pagina
musicale del giornale “Stavamo
all'Imperial Hotel,” ricorda “pensavo
che certamente era un vero chitarrista ma che non avrebbe potuto avere troppe
pretese. All'epoca era timido, non è una delle migliori interviste che ho fatto
nel mondo della musica”.
Circa
200 persone aspettavano il concerto di
quella sera nella fumosa sala da ballo. Subito dopo Tony Carrington,
lead guitarist dei Vipers, stava bevendo un drink con Jimi nel bar dell'hotel
the Bolivar, quando arrivò un roadie per avvertire che una Fender Stratocaster
era sparita. “Hendrix sembrava non
preoccuparsene.” ricorda Carrington “Era
preoccupato per la sua chitarra bianca, che era la sua preferita. Ma era quella
nera ad essere scomparsa, quella che usava principalmente nello show per
sbatterla contro asta del microfono ed amplificatori... Era stata usata ed
abusata e non era più in ottime condizioni. Non suonava nemmeno bene. Al
contrario, il proprietario del pub Kenny Beagle disse che Hendrix andò al Bolivar veramente arrabbiato. La
gente cercava di calmarlo ma era molto instabile. Lasciando il posto, la band aveva dovuto spingere il loro
camioncino sulla neve per farlo ripartire.
La
sera seguente portò gli Experience al
Ricky-Tick a Hounslow, nel Middlesex. Jimi nel punto culminante del set, urtò con
la paletta della sua Stratocaster, presumibilmente quella bianca, sul
basso soffitto del club. Questo danneggiò due delle meccaniche della chitarra
rendendo lo strumento temporaneamente non utilizzabile. Poichè avevano fissato la prima session degli Experience agli Olympic Studios per quella
notte, Noel si preoccupò di prendere in prestito una Fender Telecaster che
aveva venduto tempo prima a Trevor
Williams.
Chandler, voleva
ridefinire il suono della chitarra di “Purple
Haze” fatto nei De Lane Lea studios, e sperava che dassero il meglio nella session all'Olympic. La grande stanza
aveva la comodità di poter portare tutte le apparecchiature della band e suonare al volume alto con cui Jimi era solito registrare.
Anche con “Hey Joe” che
scalava le classifiche, the Experience era stata inizialmente non accettata
nello studio poichè Chandler non vi aveva mai lavorato. Alla fine la Polydor
[etichetta di Hendrix] garantendo i fondi necessari, creò le condizioni per
utilizzare lo studio. Chandler era ansioso di finire. “Con Purple Haze" raccontò, “Hendrix ed io cercavamo un sound e continuavamo ogni due ore a tornare
indietro cercando di ottenerlo. Non è che stavamo nello studio per giorni,
alla fine. La registravamo e poi, io e Hendrix, seduti a casa "Proviamo questo! E ci perdevamo una o due
ore ogni volta."
Nel suo interessante
libro “Ultimate Experience”,
John McDermott spiega come il
tecnico del suono e produttore Eddie
Kramer cambiò il modo in cui gli
Experience registravano: “Le
registrazioni pre-Olympic vedevano il basso di
Redding e la batteria di Mitchell registrata in mono su due delle
quattro tracce disponibili . L'approccio di Kramer era invece di registrare la
batteria di Mitchell in stereo su due tracce, lasciando le altre due per il
basso e la chitarra ritmica di Hendrix... Kramer and Chandler poi rimixavano
le quattro tracce su due in un altro registratore a 4 tracce lasciando così
altre due tracce libere. Su queste mettevano chitarra solista e voce di Hendrix
ed altri eventuali sovraincisioni.” Kramer se ne accorse subito, aveva un'idea molto chiara del sound che voleva
catturare sul nastro: “Jimi era una
maestro nelle esecuzioni nel senso che diceva - Okay, questa è la mia idea. So esattamente come la devo suonare e so
esattamente il suono che voglio - Io
dovevo solo interpretare quello che stava facendo.”
Su
invito di Jimi, Roger Mayer [effects pedal engineer] assistette alle session
del 3 febbraio. “Non c'erano molte
sovraincisioni su quelle tracce", Mayer ricorda, “c'erano al massimo tre tracce di chitarra con voce e cori. Poi si
andava nella sala regia e lo stesso Jimi si occupava della complessa
sistemazione delle tracce a destra o sinistra nel controllo del bilanciamento.
Era veramente uno che faceva un uso creativo del mixaggio". Mayer portò il
suo effetto Octavia (riproduce una ottava più alta della nota suonata, ndt)
a Jimi per usarlo nelle parti del solo. Dopo aver registrato le nuove parti di
voce principale per “Purple haze“, Jimi si occupò delle sovraincisioni di
chitarra. Con due delle sue Strats perse o non utilizzabili, è possibile che il
suo leggendario solo di “Purple Haze” sia stato registrato con una Telecaster.
Poichè
sia Redding che Trevor Williams erano
entrambi destri, la Telecaster in prestito era quasi sicuramente con le corde
messe nel modo standard per un suonatore destro. Se Jimi ha usato questa chitarra — la assenza
di whammy nei soli sovraincisi dà ancora più peso a questa possibilità — ci
sono vari modi in cui potrebbe averlo fatto. Potrebbe semplicemente aver cambiato
le corde della Telecaster ed averle messe nel modo in cui era solito suonare.
Per questo però aveva bisogno di un po' di tempo a disposizione. Un altro
metodo era di sostituire le due meccaniche danneggiate della Strato con quelle
della Telecaster poiché sono intercambiabili. Ascoltando l'audio credo però che
Jimi abbia fatto quello che per un altro chitarrista era impensabile:
semplicemente lasciare così la Telecaster e suonarla nel “modo sbagliato“ con
le corde alte sopra.
Brian Delaney che
ha una convincente idea sul fatto che
Jimi abbia usato una Telecaster
da destro, spiega così: “... La parte
finale climax della canzone ha un particolare effetto sonoro, in pratica un
bending al contrario tirando la corda dal basso verso l'alto, effetto che non
si può ottenere solo con il tremolo. E' ciò
che puoi sentire quando Hubert Sumlin suona tra le linee vocali di Howlin’ Wolf
in "Goin’ Down Slow", o in alcune
canzoni di Otis Rush, che suonava la chitarra ‘wrong way’ (con le corde acute
sopra).”
Il
finale di "Purple Haze", vede l'inesorabile e caotico suono dell'Octavia ed un
overbending di una terza minore che è assolutamente straordinario, nessuno
suonava così a quell'epoca. Potrebbe essere il suono di una Tele, con le corde
per un destro, sul lead pickup (quello
verso il ponte, ndt), con le corde acute spinte in basso verso il centro della
tastiera con l'Octavia che gli riproduce una ottava superiore.
Sia
la Strato che la Tele all'epoca avevano dei tasti molto sottili che rendevano
il bending problematico, ma questo di certo non fermava Jimi. Lui una volta
disse “La Telecaster ha due suoni: uno
buono, uno cattivo“. Lui usava solo il pick up degli alti per le
sovraincisioni. Avendo posseduto un pedale Octavia, posso dire onestamente che non
sempre funziona benissimo, mentre un buon pick up alti della Tele aiuta molto
di più rispetto al suono in qualche modo più anemico del pick up alto della
Strato. Il fatto che Hendrix potrebbe benissimo aver suonato da mancino una
chitarra da destro la dice lunga sulla sua abilità come chitarrista.
Ci
sono molti aneddoti sulla evidente capacità di Jimi di poter prendere ogni tipo
di chitarra o basso e suonarlo con grande maestria. Chas
Chandler, per esempio, vide Jimi suonare brillantemente con un trio jazz
con una chitarra da destro che apparteneva al chitarrista stabile del gruppo. James Gurley, della band Big Brother and the Holding Company che
suonò diversi show con gli Experience, racconta: “ Jimi poteva suonare chitarre normali o da mancino con la stessa
facilità! Ogni tipo di chitarra... non sentivi nessuna differenza ascoltandolo“.
Andy
Johns, che collaborò come tecnico del suono all'album “Axis: Bold as Love”,
vide Jimi farlo in studio: “Non gli importava come fossero messe le
corde, lui sapeva come prendere le note giuste. Era un genio! Estremamente
abile con la chitarra.“
Al di
là della chitarra usata, il solo di "Purple Haze" resterà nella storia come un
capolavoro. “Fece impazzire tutti “
ricorda Kramer “perchè è uno dei più
grandi soli dove la psichedelia ed il blues sono miscelati insieme”.
Chi Siamo | In
Primo Piano | Link |
Le Bands | Contatti
| Iniziative
Culturali | Testi Blues | Mailing List
| Interviste
| Concerti| Articoli |
Bacheca
Annunci
|