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Mr. Superharp: ricordi di James Cotton   a cura di Gianni Franchi e Michele Lotta

James Cotton è stato una figura di primo piano del Chicago Blues ed uno dei più grandi armonicisti della storia. E’ stato un punto di raccordo tra il blues moderno ed i grandi maestri del passato avendo suonato con Sonny Boy Williamson II, Howlin' Wolf e Muddy Waters. Proprio con Muddy suonò molti anni lasciando un segno indelebile nella memoria di tutti gli appassionati con la sua armonica. Da band leader ha avuto una lunga carriera in cui con la sua voce rauca e la grande maestria strumentale ha attraversato stili e sound diversi, mantenendo però sempre la sua inconfondibile radice blues.
Nacque i primi giorni di luglio del 1935 nel Mississippi a Tunica, vicino l'omonimo fiume e non distante da Memphis (circa 32 km). Figlio più piccolo di 8 fratelli, venne soprannominato Cotton dagli amici, forse per il lavoro che fin da piccolo svolgeva nei campi di cotone.
Nei suoi primi ricordi, il suono dell'armonica è legato alla madre che la suonava cercando di imitare il suono dei polli e del treno che passava.
Lui stesso ne ebbe una in regalo dai genitori e solo dopo aver ascoltato Sonny Boy Williamson alla radio KFFA nel programma King Biscuit Time capì
che quello strumento poteva fare di più dei suoni delle galline e del treno.
La figura di Sonny Boy fu molto importante per Cotton, infatti, oltre ad essere il suo punto di riferimento per imparare lo strumento, alla morte dei suoi genitori (aveva 9 anni) uno zio lo portò a conoscere il suo idolo.
Sonny Boy rimase così colpito da questo ragazzino che sapeva suonare nota per nota ogni suo brano e da quel momento lo prese sotto la sua ala protettiva. Cominciò anche a portarlo con se nei suoi giri per i juke joint. James, troppo piccolo per entrare, spesso  rimaneva fuori ed iniziava a suonare per i frequentatori del locale in una sorta di opening act ante litteram. In uno di questi giri con il suo mentore, il giovane James ebbe l'occasione di conoscere Howlin' Wolf. Anche quest’ultimo fu colpito dalla bravura di Cotton e cominciò a chiamarlo per suonare con lui (e spesso guidare per molti km sulla Higway 61…).
Ormai padrone dell'armonica e fattosi conoscere nei dintorni di Memphis, a soli 15 anni ebbe la possibilità di registrare 4 canzoni come leader per la Sun Records, leggendaria casa discografica di Memphis: “Straighten Up Baby,” “Hold Me In Your Arms”, “Oh, Baby” e “Cotton Crop Blues”.
Nel 1952 inoltre, sulla scia del suo primo maestro, ottenne di condurre un programma radio sulla stazione KWEM a West Memphis in Arkansas. Così a soli 17 anni ebbe la possibilità di raggiungere con la radio un pubblico molti più vasto di quello dei juke joints.
Con la radio, i suoi gig nei juke joints nel fine settimana ed un lavoro come camionista durante la settimana, il giovane Cotton pensava ormai di non poter sperare in altro di meglio. Ma la sorte gli fu ancora propizia infatti nel 1954, mentre suonava in un locale di Memphis, uno sconosciuto gli si avvicinò per stringergli la mano. Appena disse le prime parole lo riconobbe subito. La sua voce l'aveva sentita tante volte nei dischi. Era il grande Muddy Waters. Muddy infatti stava facendo una serie di concerti in zona ed essendo appena stato abbandonato da Junior Wells cercava
un sostituto. Da quel momento Cotton rimase con lui per oltre 12 anni.
Così, mentre Little Walter era l'armonicista di Muddy per le session di studio per la Chess (fino al 1958), il giovane Cotton suonava dal vivo cercando, come il suo bandleader gli chiedeva, di replicare nota per nota ciò che Little Walter aveva inciso.
Ad un certo punto però Cotton, sempre più conscio del suo valore, chiese a Muddy di lasciarlo provare a suonare a modo suo. Il risultato fu così soddisfacente che da quel momento Cotton prese il posto anche in sala di incisione, registrando classici come “Sugar Sweet” e “Close To You”.
Il periodo con Muddy Waters fu una grande scuola e fu pieno di soddisfazioni (da ricordare il fenomenale solo su “Got My Mojo Working” nel “Live at Newport”) ma era arrivato il momento di mettersi in proprio e seguire la carriera solista.
Il 1967 vide cosi James Cotton per la prima volta come band leader. Dopo gli anni trascorsi con Muddy Waters ormai il suo nome era conosciuto tra gli appassionati di blues e rock così si trovò ad aprire i concerti di Janis Joplin e poi di numerose rock band come: the Grateful Dead, Led Zeppelin, Santana, Steve Miller, e per grandi bluesmen come Freddie King, B.B. King (sia al Fillmore East in New York, che al Fillmore West in San Francisco). Sono quelli gli anni in cui James Cotton divenne, oltre al grande armonicista che già era, un grande showman capace di intrattenere e galvanizzare ogni tipo di pubblico. In quegli
anni la sua musica si colorò anche di rock, funky e boogie, e la sua band era arricchita da una sezione fiati.
Nel 1977 si riunì al suo maestro Muddy Waters per l'album “Hard Again“, prodotto da Johnny Winter, che vinse il Grammy Award.
Con le etichette: Verve, Alligator, Blind Pig, registrò così numerosi album. “Live From Chicago: Mr. Superharp Himself!” del 1986 è uno stupendo live con una band eccezionale, molto funky, ed ebbe la prima
nomination personale ai Grammy.
Nel 1990 partecipò al disco “Harp Attack" con altri maestri dell’armonica come Junior Wells, Billy Branch e Carey Bell (con una formazione all stars composta da Ray Killer Allison batteria, Michael Coleman chitarre, Johnny B. Gayden Basso, Lucky Peterson tastiere).
Nel 1994 Cotton ha avuto un intervento chirurgico alla gola seguito da trattamenti radioterapici. Dopo questa brutta avventura è stato costretto a ridurre le sue esibizioni, soprattutto come cantante, ma continua ad esibirsi come James Cotton Trio tornando al repertorio delle origini e, fisicamente, anche nella sua zona natale intorno a Memphis.
Nel 1996 registrò lo stupendo album “Deep In The Blues“ accompagnato dal grande contrabbassista jazz Charlie Haden e dalla chitarra di Joe Louis Walker. L'album vinse il Grammy nella categoria blues tradizionale.
Ha continuato ad esibirsi e registrare dischi, tra cui “Baby, Don’t You Tear My Clothes” del 2004, che lo hanno visto alle prese anche con brani country e bluegrass.  Il suo ultimo lavoro “Cotton Mouth Man” del  2013 per la Alligator Records, nominato ai Grammy e prodotto da Tom Hambridge, ha avuto come ospiti: Gregg Allman, Joe Bonamassa, Ruthie Foster, Delbert McClinton, Warren Haynes, Keb' Mo', Chuck Leavell e Colin Linden, riuniti per celebrare il grande armonicista.

Il 16 marzo 2017, Cotton ci ha lasciato ad 81 anni a causa di una polmonite. Per ricordarlo abbiamo raccolto testimonianze di grandi armonicisti e cultori del Blues che hanno aderito con entusiasmo alla nostra richiesta. Chiunque volesse fornire il proprio contributo può partecipare inviandoci una e-mail.

testimonianze:

Sugar Blue
 
James Cotton è stato un maestro, un mentore e un aiutore. Uno dei musicisti più prolifici e creativi della storia del Blues. Socievole e con un buon umore la sua musica rifletteva il suo approccio gioioso alla vita e alla musica.
Egli è e sarà sempre il signor Super Harp, una grande influenza su tutti quelli che suonano il blues su quel piccolo strumento con il grande suono Blues. Molti lo hanno imitato ma nessuno ha eguagliato il graffiante potere e la passione che emanava la sua armonica, Cotton Lives!


Bob Margolin
 
James "Superharp" Cotton, forza della natura, leggenda del blues, è scomparso  il 16 marzo e la perdita di quest'uomo ha devastato il nostro mondo blues. Viveva ad Austin con la moglie Jacklyn è da un po' di tempo non era più “on the road“, ma un paio di settimane fa non si è fatto pregare per tornare sul palco per un evento della Pinetop Perkins Foundation da Antone”s.
Cotton era un amico d'infanzia di Hubert Sumlin.  Aveva vissuto  con Sonny Boy II da quando aveva nove anni e da lui aveva imparato a suonare l'armonica blues in maniera definitiva. Dal 1950, ha registrato per la Sun Records in proprio e con Howlin' Wolf, si è poi  unito alla Muddy Waters band. Ha dato vita alla sua band nel 1966, portando Delta e Chicago Blues fino ai tempi moderni. Cotton è stato un band leader potente ed atletico. Col passare degli anni e aveva perso la sua voce e suonava seduto, ma ancora riusciva a trascinare il pubblico mettendo tutto quello che aveva nella sua armonica.
Per quattro generazioni di musicisti blues e fan, Cotton è l'ispirazione e il link tra il suo suono distintivo ed i maestri del passato. Aveva una costituzione fisica ed uno spirito tra i più forti di chiunque io abbia mai conosciuto. Era sopravvissuto a tutto,  proiettili, party  e  malattia, ho pensato che si sarebbe alzato dal suo letto d'ospedale ed avrei fatto una  jam  con lui quando alcune settimane dopo sarei andato ad  Austin.
Nel 1971 grazie a lui ho vissuto un momento da “crossroad“. Stavo suonando con Luther "Snake" Johnson in un bar di Boston. Cotton era seduto tra il pubblico dopo un suo show ad Harvard in cui  soffiò via il tetto del locale. Chiese il mio nome e numero di telefono, dicendo: "Non si sa mai..." E 'stata la mia prima volta ache mi sono reso conto che avrei potuto  essere in grado di suonare con una leggenda del blues. Due anni dopo ero nella band di Muddy e abbiamo fatto spettacoli e registrazioni insieme a Muddy e Johnny Winter e Cotton fino alla fine degli anni 70.
Ho fatto due lunghi tour con lui nel 1990 e abbiamo fatto show insieme di tanto in tanto fino al 2013. Quell'anno, gli ho chiesto: "Tu sei uno dei più grandi armonicisti e più grandi intrattenitori  ..." Mi disse " Fare un po' il Clown ti fa ottenere una reazione del pubblico ancora più grande.” Noi lo amavamo per entrambi gli aspetti.
Il mio momento più profondo con Cotton non è stato su un palco. Nel 2011, un amico mi ha chiamato per farmi parlare con Hubert Sumlin sul letto di morte. Ho usato il mio iPhone per chiamare Cotton a Austin ed unire le chiamate, i due amici d'infanzia hanno riso e raccontato  storie, mentre ascoltavo, ridevo e piangevo in silenzio. Cotton e Hubert ora hanno ripreso quella conversazione e sono a suonare il blues di nuovo insieme. E io a ridere e piangere di nuovo.
(Pubblicato originariamente su Blues Music Magazine. Riprodotto, tradotto ed adattato su autorizzazione dell'autore).

Paul Jones

I was just very busy. He was an influence and a favourite for me - and a big influence on The Blues Band in its early days.

Marco Pandolfi
 
Il mio primo disco di blues è stato "Muddy Waters sings Big Bill Broonzy", un LP del 1960. Inutile dire che una delle prime cose che mi è saltata subito all'orecchio è stata l'armonica del grande JAMES COTTON.
Negli anni, i dischi di Muddy sono diventati per me Vangelo e l'armonica di Cotton sempre un punto di riferimento. I suoi dischi come le sue esibizioni dal vivo sono sempre stati qualcosa di fondamentale, qualcosa che ti colpiva direttamente al petto e ti riconduceva all'essenza del blues.
Ho avuto la fortuna di incontrarlo diverse volte: le prime volte ero un ragazzetto che si avvicinava al blues con gli occhi spalancati di fronte a uno dei suoi miti. Successivamente sono stato talmente fortunato da essere presentato a lui come musicista, dovendo dividere il palco al Simi Valley Cajun & Blues Festival in California nel 2012.
Ultimamente non era molto in forma ma portava sempre sul palco un grandissimo entusiasmo ed una voglia di divertimento talmente contagiosa da far esplodere subito la platea.
Il caso ha voluto che incontrassi James Cotton per l'ultima volta la notte della sua ultima performance. Era il 15 febbraio 2017 ed ero appena atterrato ad Austin, TX. Sapevo che lui avrebbe suonato da Antone's e non ci ho pensato due volte. Ero in prima fila e non lo scorderò mai più. Grazie James Cotton!


Beppe “Harmonica Slim” Semeraro
 
Quando si è in preda ad una passione, è probabilmente perché si ha avuto la possibilità di conoscere grandi maestri. Non importa se si tratti di farlo attraverso un buon libro, un incontro personale, o un buon disco.
Per alcuni di noi, gente di Blues, si è spesso trattato di personaggi di statura per la loro autenticità. In questo senso si può fare pace con l’età accumulata, che ci ha fatti inciampare, mai casualmente, in alcune colonne del genere. Artisti con storie e vite incredibili alle spalle, che hanno lasciato una scia indelebile al loro passaggio. A me è successo così con Sonny Terry, Junior Wells. Con James Cotton, purtroppo scomparso da pochi giorni, non c’è stato modo di condividere i microfoni. L’ho visto una sola volta al Capolinea, quando nella la mia città, Milano, resisteva ancora un barlume di vitalità originaria. Era in uno stato di salute già allora poco brillante, con poca voce e diminuita energia. Quella sera in particolare. Erano tutti piuttosto sorpresi e preoccupati nel pubblico. Con me c’era l’amico Luca Barovier, eccellente fotografo, che avrebbe poi documentato. La performance fu comunque più che dignitosa e la sua presenza nel locale fu in grado di creare, comunque, una temperatura così diversa dai climi di vaghezza ai quali ci siamo assuefatti. Adesso mi coglie sempre più un senso di urgenza nel veder scomparire i veri capiscuola . Gli ultimi veramente autentici. Non so a chi piace così tanto imparare dall’allievo dell’allievo del maestro J Anche se il maestro può essere superato e l’allievo diventare caposcuola a sua volta. Con James Cotton davanti al naso diventava palpabile una serie di evidenze sempre e solo intuite: Questo è un maestro, uno di quelli veri e, ripeto,  autentici e noi che suoniamo, o cerchiamo di suonare Blues, non siamo loro. Non ha alcun senso cercare di somigliare a. Piuttosto imparare da, questo sì. Bisogna saperlo e ricordarlo sempre. E’ il ricordo e la lezione di vita che ho portato a casa quella sera. Ora sorrido ripensando che all’arrivo nel locale mi era sembrato fosse uno di famiglia da quante ore avevo speso dietro ai tanti suoi vinili, in cameretta, con i testi di scuola aperti davanti, per fingere di studiare, mentre tentavo di esplorare altro.


Mark Hummel

L'ultima delle grandi icone della armonica Blues ci ha lasciato. Cotton sembrava che sarebbe stato in giro per sempre, era sopravvissuto a sparatorie, tossicodipendenza, il cancro e tanti altri pericoli.
James ha avuto una storia che sembra fantascienza era così surreale, dopo la morte dei genitori  a nove anni suo zio lo porta a vivere con il suo idolo Sonny Boy Williamson. Ancora adolescente ha ereditato la band di Sonny Boy, si unisce non ancora ventenne a quella di Howlin' Wolf insieme a Jr. Parker. Ha registrato  per la Sun Records con Pat Hare a vent'anni, poi nel 1954 viene reclutato nella band di Muddy Waters dopo che Jr. Wells lo ha abbandonato a Memphis.
Probabilmente non sarei mai stato un armonicista da una vita se non fosse stato per Cotton, è stato il primo armonicista che per anni ho cercato di imitare - ne ero completamente affascinato!
Un mio amico mi prestò “Pure Cotton” e ho consumato il disco per cercare di imparare ogni suo lick. A 15 anni mia madre mi portò ad un suo show al Ash Grove di Hollywood, era un lunedi sera e forse c'erano venti persone di pubblico.

James con la sua nuova band (con Matt Murphy) suonò come se fosse il locale fosse stato pieno fino all'orlo, suonando molte delle mie canzoni preferite di Little Walter.
Durante una pausa Cotton uscì fuori a fumare ed io lo seguì. Gli ho chiesto: "Quale delle tue registrazioni ti piace di più ?" Cotton rispose: "Mi piacciono tutte!"  risposta intelligente. Io gli dissi: "Non per me, le tue prime due sono le migliori". Cotton sorrise.  Poi continuai: "Cosa ne pensi di Butterfield?". Rispose: "oh  Paul è un mio amico". Io dissi “ Mi piaci sempre di più!" Sorrise di nuovo, io ero stupito che un musicista più grande di me potesse  essere così paziente e tollerante quando avrebbe potuto andarsene via;  forse si è ricordato che anche lui un tempo era un giovane pivello presuntuoso come me! Lo ho amato anche per questo.
Mi piaceva andare a vedere James ogni volta che era  in California e compravo ogni LP che faceva. L'ho visto passare attraverso alti e bassi nella sua carriera, la tossicodipendenza, ecc. Ricordo di essere andato ad un concerto nel 1987 al Tipitina di New Orleans, vidi un uomo che sembrava un barbone fumare davanti al locale e dopo capì che era proprio lui, James Cotton. Sono rimasto scioccato perchè Cotton era sempre stato un uomo abbastanza imponente e questo che vedevo ora era pelle ed ossa con una grossa pancia sporgente.

Più tardi alcuni miei amici iniziarono a suonare nella sua band: Steve Freund & Dave Maxwell. Ho scritturato poi James per suonare nei miei Blues Harmonica Blowout Tours. James ha suonato in cinque di queste date ad ovest con noi. Il tour doveva essere di 10-14 giorni su e giù per la costa. Il primo era con Charlie Musselwhite, vecchio amico da tanto tempo. Steve Fruend cantava e suonava la chitarra poiché Cotton per il cancro alla gola non riusciva più a cantare, la prima volta lo abbiamo fatto nel 2001. La seconda volta nel 2003 con me c'era Huey Lewis (che idolatrava Cotton), Paul DeLay, James Harman & Jr Watson. Il Terzo tour è stato nel 2005 con Musselwhite, io, Kim Wilson e Cotton.
La quarta volta era il 2007 a nord-ovest con me, Kim ( Wilson) & Curtis Salgado. Il quinto era un Muddy Waters Tribute 2010 con Cotton, Paul Oscher, Mojo Buford, Willie Big Eyes Smith, me e Johnny Dyer. Questo è stato un vero e proprio concerto di reunion, era affascinante sentirli scambiare storie circa sui viaggi su strada di allora!

Ho provato a fare un altro concerto tributo nel 2015 con  Huey, Cotton, Musselwhite e Elvin Bishop, ma è fallito a causa di una serie di motivi principalmente dovuti ai costi proibitivi.
Sono rimasto in contatto con James dopo che lui e Jacklyn si sono trasferiti fuori di Austin ed avevo programmato di incontrarlo  ma oggi, mentre scrivo questo da Austin, la sua morte lo ha reso impossibile. L'ultima volta che abbiamo pranzato qui a Austin mi raccontava le più grandi storie, come aveva sempre fatto, dei vecchi tempi con Muddy & Walter & Sonny Boy!
Non sono molti da queste parti ad aver conosciuto tutte quelle persone con cui lui aveva addirittura  parlato, credo che gli piacesse molto raccontare queste storie! James è stato davvero divertente a condividere queste storie ed io farò tesoro di questi ricordi.

Jacklyn mi ha detto che quando ha fatto sentire a James la registrazione che ho fatto di Creeper, lui ha detto "Ci sta quasi! E' assai buona secondo me!".

Andrea Scagliarini

Purtroppo, al contrario di molti, non ho mai avuto la possibilità di vedere dal vivo James Cotton nei suoi anni migliori. L’unica volta che sono riuscito ad ascoltarlo in un blues festival, mi è apparso un uomo appesantito che si muoveva con difficoltà, impossibilitato a cantare e con evidenti problemi di udito, bizzoso e irritabile come molte persone anziane.
Certo, il vecchio sapeva ancora suonare bene, la band guidata da Tom Holland sapeva il fatto suo, ma credetemi non era uno spettacolo piacevole.
Nato nel Mississippi, ma cresciuto nell’Arkansas rurale sulla scia di Rice Miller aka Sonny Boy Williamson II, James Cotton. Suonò per 12 anni con Muddy Waters prima di intraprendere una carriera solista che ha fatto di lui un inequivocabile punto di riferimento stilistico per armonicisti dalla timbrica potente come Paul Butterfield, Charlie Musselwhite, Mark Ford, Andy Just, Kim Wilson, Matthew Skoller fino al più giovane Nico Wayne Touissaint. Proprio Kim Wilson ha costruito il suo cavallo di battaglia Early Every Morning sulla base di The Creeper, sicuramente, il punto più alto raggiunto da James Cotton in termini di abilità e inventiva.
Sul piano strettamente armonicistico, ha dimostrato che si possono avere suoni incisivi anche suonando direttamente nell’impianto voce con un microfono per sua natura chiaro e pulito (1).
Abile cantante e insuperabile all’armonica, James Cotton ha saputo coniugare lo stile di matrice pre-war di Sonny Boy Williamson II con i suoni moderni del Blues di Chicago. Negli anni ’60, ha portato il Blues di Chicago nella San Francisco psichedelica e floreale del Fillmore West incrociando le strade di Mike Bloomfield e perfino di Janis Joplin.
Come confessava nel libro intervista di Neff e Connor (2), a causa delle sue spacconate giovanili perse la possibilità di suonare stabilmente con la band di Rice Miller, proprio quella celebre formazione della radio KFFA di Helena, AR.Credevo di essere una stella […] nessuno poteva farmi delle osservazioni. Incominciai ad ubriacarmi e comportarmi come credevo si comportassero le celebrità. Doveva passare un bel po’ di tempo perché comprendessi quello che era accaduto” (2). Ma la lezione non gli servì nemmeno molti anni più tardi quando, negli anni ’80 per gli stessi motivi, fallì l’impresa di gestire e mantenere un locale a suo nome proprio a Chicago, locale ambiziosamente chiamato “The Cotton Club”. Forse, la sua vera natura era di suonare dal vivo come ha fatto fino a non molto tempo fa, nonostante gli evidenti problemi di salute, accompagnato in avventurosi tour americani anche da un formidabile batterista pistoiese di nome Enrico Cecconi.

(1) In molte foto degli anni ’70, lo si vede impugnare un microfono dinamico Shure mod. 585 “Unisphere A” con il potenziometro del volume. In numerose occasioni, tuttavia, non ha rinunciato alla timbrica del microfono a cristalli, a forma di faro di bicicletta, impugnando un Astatic JT30, proprio quello con cui aveva iniziato la sua carriera.
(2) Robert Neff, Anthony Connor, Blues, Priuli e Verlucca Editori, Ivrea, 1977 (Latimer New Dimension Ltd, London, UK, 1976)

Fabrizio Poggi
 
La scomparsa di James Cotton mi ha toccato profondamente. Ho avuto la notizia durante il tour negli Stati Uniti con Guy Davis. Per entrambi James è stato un maestro. Proprio qui negli States ho vissuto ancora più profondamente questa grande perdita per il blues ma ho anche percepito la grande forza di questo grande artista. Ovunque abbia suonato nelle sere successive potevo toccare con mano l'affetto e l'amore per un grande dell'armonica. Qui negli USA ancora di più ovviamente.
Ho perso un padre, un maestro, un faro luminoso che pur senza averlo mai saputo se non in anni recenti mi ha insegnato tante cose. Sono davvero triste. La sera stessa in un locale in New Jersey ho suonato Amazing Grace per lui.
Ci accomunava oltre all'armonica la stessa data di nascita ovvero il 1 luglio. Quasi come se avessimo il destino comune di provare a toccare il cuore delle persone con la nostra armonica. Da anni ormai ci facevamo gli auguri a vicenda ogni primo luglio che Dio mandava sulla terra. Ci scambiavamo battute sull'età, sulla vita. Si perchè era anche un grande uomo. Lo incontrai diverse volte e l'affetto che ci univa era sempre commovente. Non c'è bisogno che racconti chi era e cosa ha fatto. Nel mio libro "Il soffio dell'anima: armoniche e armonicisti blues" gli ho dedicato cinque pagine. Aveva combattuto tante battaglie, durissime battaglie, pensavo ce la facesse anche questa volta. Ma qualcuno da lassù aveva davvero bisogno di un grandissimo armonicista e così siamo rimasti senza. Ma la sua musica vivrà per sempre. Il suo sorriso rimarrà per sempre scolpito nel mio cuore, il suo affetto riscalderà per sempre la mia anima.
Ci mancherà. Tantissimo. Ciao James see you on the other side

Fabio Treves
 
Ci conoscevamo da 40 anni, ho aperto anche i suoi concerti nel Tour del 1988… e ci siamo incontrati a Chicago, Bellinzona e Memphis.. James un mio grande amico di ieri, oggi e domani! Grazie della tua musica!

Edoardo Fassio

Il blues ha un tessuto sociale profondo, mica per niente le più serie collezioni del genere sono impossibili da completare. Certo, ci sono i capiscuola irrinunciabili, quelli da far assaggiare in automatico al pubblico generalista. Però, anche quando togli dalla lista della spesa i più carismatici, la crema della crema, le leggende autentiche, i mammasantissima, i B.B. King, i Robert Johnson, le Etta James, i Sonny Boy Williamson, le Ruth Brown, i Muddy Waters, i Big Bill Broonzy e le Bessie Smith, ti resta ancora una fila sterminata di nomi da elencare. Un esercito di personaggi eccelsi che già abbraccia parecchie generazioni ed è ancora distante dall’esaurirsi. Nonostante le perdite. Nonostante i James Cotton che se ne vanno.
Non è mai stato considerato il più grande, Cotton. Tutt’al più, lo si è sempre ritenuto “uno dei”. Rice Miller, Little Walter, Big Walter, Junior Wells. Magari Snooky Pryor. Ecco i primi che ti suggeriscono quando provi a indagare sui campioni assoluti della moderna armonica blues. Eppure. Eppure.
Oltre a segnare l’evoluzione dello stile a livelli tecnicamente inarrivabili, James Cotton testimonia, con la sua discografia estesa, continuativa e uniformemente maiuscola, la duttilità del personaggio, non meno di quella dello strumento che aveva scelto. Il sassofono del Mississippi era rimasto l’ultimo; in seguito a un’operazione, resasi necessaria per un tumore alla gola, aveva dovuto rinunciare al canto, l’altro punto di forza. La sua voce naturale era rauca ma sexy e ben modulata, impostata, come parte del suo repertorio, su quella di Bobby Bland.
La flessibilità dell’artista ha attraversato decenni e mode senza farsene troppo condizionare. Come i giganti assoluti - ne vengono alla mente due, dalla carriera lunghissima: Big Joe Turner e John Lee Hooker - James Cotton si è adattato ai gusti e alle preferenze di un pubblico che era mutato negli stili di vita e nella composizione sociale. Se aveva registrato i primi brani per la Sun, e i suoi clienti iniziali li aveva reperiti tra le comunità nere del Delta e di Memphis, si convertì senza traumi alla vita nelle metropoli. Affrontò il crossover urbano per restare meritatamente in sella, esibendosi nei festival del blues come in ritrovi per patiti della psichedelia e del funk, della blaxploitation e delle buone maniere, del soul food e del vegetarianismo. Per etichette blues, folk, rock, disco e jazz incise dischi preziosi; talora, nel titolo, giocavano col suo cognome: “Cotton in Your Ears”, “100% Cotton”, “Cotton Mouth Man”.
Due le istantanee del suo lungo assolo: quella del giovane sideman lentigginoso alla corte di Muddy Waters, coinvolto in un balletto improvvisato durante la storica esibizione di “Got My Mojo Working” al festival di Newport del 1960. E quella di “Deep in the Blues”, l’album che gli ha procurato il Grammy nel 1996. Al suo fianco c’era Charlie Haden, luminare del jazz moderno, ma per l’immagine di copertina gli avevano fatto recuperare dalla soffitta una improbabile tuta da uomo di fatica del vecchio Sud.
Da un traguardo all’altro, James Cotton ha sempre suonato la sua musica. La quale, detto per inciso, non era solo sua. Figlia della cultura popolare più autentica, aveva paternità e maternità allargate. Semplice da afferrare ma assai difficile da replicare, è diventata e rimasta colonna sonora per tanti. Anche per chi si dimentica di citarlo tra i più importanti bluesmen di tutti i tempi.

Slam Allen
 
James Cotton è stato una vera leggenda. Un uomo con tanta storia ed un grande showman.
E' stato un onore per me essere collegato a qualcuno che è stato l'ultimo dei bluesmen originali. Ho imparato molto da Mr. Cotton e ora devo prendere quello che ho imparato e continuare a condividerlo con il mondo come Mr. Super Harp ha fatto tutta la sua vita.

Lincoln T Beauchamp Jr. (aka Chicago Beau)

James Cotton è stato probabilmente il più 'potente' suonatore di armonica mai esistito. Aveva una incredibile capacità polmonare, e un controllo perfetto, intonazione e timing.  Inoltre, più di molti altri, era un grande improvvisatore come strumentista e vocalist. L'ho incontrato a Boston nel 1968 insieme al chitarrista, Luther Tucker, con Francis Clay, Sam Lay, Bobby Anderson, e Alberto Gianquinto. HOT BAND! Questa era la nuova James Cotton Blues Band. Il resto è storia.
Non è molto noto che James Cotton ha aperto un club a Chicago nel 1989, COTTON CHICAGO. Lo ho aiutato un po' con la promozione, ma dopo un breve periodo, Cotton decise di lasciare il business del night club. James Cotton, uno degli ultimi grandi allievi di Sonny Boy Williamson. Un brillante antenato!!!!

Dario Lombardo

La notizia della scomparsa di James Cotton è arrivata il 16 marzo a ridosso del seminario su Muddy Waters in programma per il 18 alla Jazz School Torino con i musicisti di Model TBoogie & Friends: a quel punto la sua figura è divenuta per forza ancora di più parte di un percorso didattico che già la includeva, a maggior ragione avendo tra noi un batterista come Enrico Cecconi che proprio con Cotton ha lungamente collaborato negli scorsi anni a Chicago e negli Stati Uniti in genere. Abbiamo quindi dedicato una ampia parte del discorso proprio allo stile di Cotton, così differente rispetto a quello di altri armonicisti che furono parte delle formazioni di Muddy Waters sia come fraseggio che come tecnica di amplificazione dello strumento.
La musica di James Cotton è stata per forza parte del mio bagaglio culturale: pur non essendo un'armonicista non è infatti possibile prescindere da una figura così centrale per il Blues contemporaneo sia dal punto di vista stilistico che storico. Le sperimentazioni sonore di Cotton, dischi che spesso alcuni bollavano come non fedeli alla linea, hanno infatti tracciato la via delle commistioni tra suoni e generi con una buona  decina d'anni di anticipo rispetto a quello che poi sarebbe divenuto prassi comune negli anni 80, periodo in cui infatti il suono della sua band diventa protagonista di alcuni eccellenti ed imperdibili album su etichetta Alligator. E parte di quegli album erano molti degli strumentisti che avrebbero poi avuto ruoli importantissimi nella nuova scena di Chicago sia come band leaders che come turnisti, basti citare i nomi di due musicisti purtroppo scomparsi troppo presto come Michael Coleman e Ray Allison.
Personalmente non ho avuto occasione di suonare con James Cotton, con l'eccezione di una jam al termine di una serata del Pistoia Blues Festival 1991 durante la quale mi ritrovai sul palco della band di  Albert Collins per un paio di pezzi che riunivano parte delle band che avevano animato la serata, tra cui appunto quella di Cotton, Charlie Musselwhite e Phil Guy con la Blues Gang. Furono pochi brani, in cui oltre a tutto l'impatto sonoro era tale da non consentire un facile ascolto dell'armonica, ma sono ad oggi una delle cose più belle di cui mi sia ritrovato a far parte. Di Cotton ho poi altri ricordi, legati al primo viaggio a Chicago con Model T Boogie nel 1987: lui era parte del programma dello Chicago Blues Fest quell'anno, e ricordo l'intervista che rilasciò insieme a Jimmy Rogers ad Enzo Gentile, intervista che divenne poi parte del filmato prodotto da Video Music su quel viaggio. Eravamo dietro al Front Porch Stage, già costruito nel punto di Grant Park dove sarebbe poi rimasto fino all'anno scorso (da quest'anno il Festival si sposterà di qualche centinaio di metri nell'attiguo Millenium Park). Ogni volta in cui negli anni seguenti mi sono ritrovato ad esser lì non ho potuto fare a meno di ricordare quel momento, così laterale in apparenza tra quelli vissuti a Chicago quell'anno ma rimasto in realtà per diversi motivi tra quelli più importanti, un momento fissato nella memoria a simboleggiare tutta l'avventura di quel giugno 1987 che sembrava essere la fine di un percorso ed era invece solo l'inizio di un'esperienza tutta nuova. Anche per questo, grazie, Mr. Cotton.









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