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I Re dei Re  di Salvatore Amara

La storia del blues è piena zeppa di Re e di Regine, da B.B. King ad Albert King, fino a Freddie King, da “Ma” Rainey a Koko Taylor, passando da Mamie Smith e Dinah Washington, di Imperatori e di Imperatrici, da Muddy Waters a Bessie Smith. Ma quando si parla del blues delle origini, quello nato nel Delta del Mississippi, ancora oggi da molti considerato “l’unico vero e proprio blues”, sono sempre quattro gli Assi del poker dei “Padri fondatori”, le cui storie sono ormai trascese dalla realtà al mito, ossia Charley Patton (1891-1934), Tommy Johnson (1896-1956), Peetie Wheatstraw (1902-1941) e Robert Johnson (1911-1938). In questa elite non sono ricompresi due grandi musicisti dell’epoca, Willie Brown (1900-1952), che in effetti più che come solista era noto come accompagnatore di Son House, visto che esistono solo tre registrazioni che di sicuro possono essere attribuite a lui, e lo stesso Son House (1902-1988), che potrebbe, a ragione, essere ritenuto l’unico vero grande escluso da quella piccola cerchia, anche se il motivo di tale esclusione nacque dal fatto che il suo stile fu di gran lunga superato e  migliorato dai quattro musicisti sopra menzionati, e in particolare proprio da quel Robert Johnson che lui stesso aveva dileggiato, tanto da spingerlo ad abbandonare Robinsonsville alla ricerca di una sua identità musicale. Ad ogni modo, tutti e quattro questi grandi artisti si sono fregiati, a periodi alterni, del titolo di “Re del Blues”, e mentre il più “vecchio”, ossia Charley Patton, sembra essere quello più accreditato ad aggiudicarsi la contesa, è la figura del più “giovane”, ossia Robert Johnson, ad essere sempre stata, indubbiamente, quella più discussa e celebrata. Ma il bello della storia è che ad essa non c’è mai fine, specie quando le ricerche condotte da instancabili studiosi di blues, successivamente alla dipartita di questi Mostri Sacri, riuscirono a spazzare via la sabbia con la quale il tempo aveva coperto e nascosto eventi fondamentali, svelando così interessanti quanto inaspettati retroscena, tali da gettare una nuova luce sull’intera storiografia blues e consentendoci di ristabilire le reali gerarchie. Il fatto, non più controverso, è che ancor prima che questi osannati Re iniziassero a suonare la chitarra, altri incredibili e talentuosi musicisti di blues, che dei predetti Re divennero poi mentori ed insegnanti, avevano già seminato il verbo del Blues. Il motivo per cui la nomea di questi artisti non salì immediatamente agli onori delle cronache è semplice, ossia mentre Charlie Patton, Tommy Johnson, Peetie Wheatstraw e Robert Johnson ebbero la fortuna di incidere i loro blues, coloro che li precedettero, seppur di poco, non vantarono la stessa buona sorte, ed inevitabilmente non lasciarono il loro segno nella storia, rappresentato dalla possibilità di ascoltare la loro musica e la loro abilità, facendo semplicemente girare un loro disco su un piatto. A distanza di anni, dopo lunghe e laboriose ricerche poste in essere sul campo ad opera di tenaci e illuminati archeologi del blues, si è potuto dare un nome a questi musicisti, che devono, a buon titolo, essere considerati i veri “Padri fondatori del Blues”, i pionieri di quella musica che avrebbe dato i natali al jazz e al rock’n’roll, al funk e al rhythm’n’blues. Insomma, sto parlando dei “Re dei Re”. Ma partiamo dall’inizio, come di solito conviene fare, e l’inizio, anche in questo caso, porta il nome di Robert Johnson, dato che è stato proprio grazie al lavoro dei ricercatori e degli storici di blues, che si sono attivati come veri e propri detectives, che sono stati definitivamente chiariti alcuni dei misteri creati intorno a Robert Johnson, svelando, finalmente, dove il bluesman avesse realmente trascorso il periodo di quasi due anni durante il quale si allontanò dal Delta, quando improvvisamente scomparve dai juke joints e dalle roadhouses frequentate da Son House e dagli altri bluesmen, e lasciò Robinsonville deciso ad imparare a suonare la chitarra, e si diresse verso sud, e precisamente verso il suo paese natale, Hazlehurst. Non vi è certezza sulla data della sua “scomparsa”, ma è probabile che ciò avvenne tra la fine degli anni 20 (secondo molte fonti nell’inverno del 1929) e gli inizi degli anni 30, o tra la fine del 1930 e gli inizi del 1931, come hanno accertato le ricerche svolte da Pearson e McCulloch. Quel che è certo è che ciò avvenne dopo la morte di sua moglie Virginia e di suo figlio, durante il parto. Comunque sia, Robert Johnson si spostò da Hazlehurst nella vicina area di Martinsville, una cittadina discarica ubicata nella parte sud del Mississippi, e lì incontrò un tale chiamato Ike Zimmerman. Non sappiamo se Robert Johnson lo incontrò casualmente, mentre era alla ricerca del suo padre naturale, come hanno sostenuto alcuni residenti del luogo, abbastanza vecchi per ricordare, e molti studiosi, tra cui anche Pearson e McCulloch, oppure se andò a cercarlo di proposito, magari su indicazione dei musicisti locali. Di sicuro, però, Robert Johnson non concesse la sua anima al diavolo in cambio del dono del blues, ma dopo essere scomparso dalla circolazione conobbe Ike Zimmerman, il quale gli insegnò a suonare la chitarra. È a questo punto che Robert Johnson diede al Blues la propria anima, dedicandosi letteralmente anima e corpo alla chitarra, con la quale si esercitò senza tregua. Da quel momento la sua vita sarebbe cambiata per sempre. Ike Zimmerman, chi era costui? Di lui sono state pubblicate due foto, una presa in gioventù ed una in vecchiaia, e quasi tutto quello che oggi sappiamo di lui è stato riferito dalle sue due figlie, e soprattutto da Loretha Zimmerman, che fornirono prove ed elementi importanti sugli anni perduti di Robert Johnson, rivelando nuove ed interessanti notizie a proposito del padre, così facendo luce su uno dei personaggi più controversi della preistoria del blues e svelando misteri tenuti celati per oltre 70 anni, rendendo, alla fine, nota la figura di Ike Zimmerman agli studiosi ed agli appassionati di blues. Isaiah “Ike” Zimmerman nacque il 27 aprile 1907 a Grady, un piccolo paese in Alabama, che, come molte altre città del sud dell’epoca, era abitato da una popolazione di mezzadri, e che oggi è praticamente inesistente. È probabile che al momento della nascita di Ike Zimmerman i suoi nonni fossero ancora schiavi. Come riferito dalle figlie, Ike era un “gran bravo uomo”, proveniva da una famiglia di agricoltori e lui stesso, in gioventù, era stato un agricoltore in Alabama. Ike era un bravo musicista, noto ed apprezzato nell’intera zona e non solo all’interno della propria comunità d’appartenenza. Loretha ricordò di aver sempre visto il padre suonare blues, sia nei juke joints della zona di Grady, che nelle città del circondario, inclusa Montgomery, più a nord di Grady, sempre in Alabama, dove incontrò Ruth Sellers, nativa del posto, che lavorava in un hotel della città come cuoca, e che verso la metà degli ultimi anni 20 divenne sua moglie. La coppia si trasferì in Mississippi, precisamente a Beauregard, a circa 10 miglia da Hazlehurst, e stabilirono la propria abitazione in una zona chiamata The Quarters, un piccolo rione che contava appena 5 o 6 edifici, ubicato presso il cimitero di Beauregard e presso un crocicchio, che ormai non esiste più. La casa di Ike e Ruth Zimmerman era piccola, con due camere da letto, una cucina e un portico, e lì crebbero i loro sette figli, un maschietto e sei femminucce. Loretha ricordò che il padre era basso di statura, più basso di Robert Johnson, e lo descrisse come un uomo buono e forte, gentile e premuroso, un padre affettuoso ed amato, che si prese buona cura della sua famiglia, che andava d’accordo con la moglie e non maltrattò mai i figli. L’unica fissazione di Ike, come disse la figlia, era la musica, il vero amore della sua vita e la sua unica ragione di vita. Le sue origini musicali sono ancora incerte, dato che neppure la figlia ricordava che il padre le avesse mai detto come aveva imparato a suonare la chitarra, ma ricordava solo che, da quando l’aveva conosciuto, lui suonava in continuazione. Probabilmente Ike imparò suonando da solo, e Loretha dichiarò di aver “sempre pensato che fosse autodidatta”. Mentre la maggior parte dei suoi contemporanei potevano permettersi solo chitarre a poco prezzo, ordinate per posta, come Stellas e Regals, Ike, grazie al fatto che lavorava come operaio nei cantieri stradali, poteva permettersi una buona chitarra, di solito, come sua figlia ricordò, una Gibson. Ike quasi certamente conosceva una varietà di canzoni e aveva un repertorio che andava dai brani blues a quelli pop, come la maggior parte dei musicisti di quel periodo, e sua figlia ricordava che quando era a casa “lui suonava blues”, e in particolare cantava una canzone che parlava di “andar via” e di viaggi on the road, ed un’altra in cui diceva che “non poteva dare ciò che gli veniva chiesto”, in ogni caso ricordava che il padre suonava la stessa musica che poi insegnò a Robert Johnson. Ike amava molto suonare, ed amava anche insegnare a suonare la chitarra, come fece con numerosi allievi, la maggior parte dei quali erano donne. Ike, infatti, possedeva non solo un grande talento come musicista, ma anche il dono unico di essere capace di insegnare con successo agli altri ciò che volevano imparare. Tutto il tempo in cui Ike rimase in Mississippi non smise mai di suonare la chitarra presso il circuito dei juke joints locali, e in occasione di una sua visita al fratello Herman, il quale, dopo aver lasciato Grady, si stabilì pure in Mississippi, e precisamente vicino a Martinsville, una piccola città che si trovava a poche miglia più a nord di Hazlehurst, si fermò a suonare in un general store, che fungeva anche da juke joint, chiamato One Stop, come ricordavano gli abitanti del luogo, che oggi dovrebbe trovarsi all’angolo tra Martinsville Road e la Highway 51. Probabilmente fu proprio lì che Robert Johnson lo vide suonare per la prima volta, e dove avvenne il loro incontro. Non si conosce il motivo per cui Ike decise di accogliere Robert in casa sua, permettendogli di vivere con la sua famiglia per oltre un anno, ma questo è ciò che avvenne. Sul punto, i ricordi di Son House concordavano con la storia raccontata dalla figlia di Ike, che dichiarò che quando si incontrarono nel juke joint Robert disse a mio padre che era tornato ad Hazlehurst perché loro (Son House e i suoi amici) non volevano che lui suonasse da nessuna parte e l’avevano invitato ad andarsene via perché non volevano che continuasse a suonare con loro e lì chiese a mio padre di insegnargli a suonare la chitarra e mio padre acconsentì diventando il suo mentore”. È anche possibile che Robert Johnson avesse solo bisogno di un letto per la notte e, dato che Beauregard non era troppo lontano, Ike si offrì di ospitarlo, e così Robert ebbe l’opportunità di sentire Ike suonare e gli chiese di impartirgli lezioni di chitarra. Ike, dopo tutto, era solo 4 o 5 anni più vecchio di Robert, e poteva aver avuto una particolare simpatia e comprensione per il suo entusiasmo, ma di sicuro, come confermato da Schroeder, Pearson e McCulloch, Palmer, LaVere e numerose altre fonti, i due andarono d’accordo, perché Zimmerman lo invitò a vivere con la sua famiglia, e Johnson vi restò a lungo, ricevendo lezioni di chitarra da Ike, che divenne il suo mentore. Loretha ricordò che “Robert si stabilì con la nostra famiglia, e doveva essere carino, perché mio padre era un uomo forte e voleva che non ci fossero mai problemi. Era un buon uomo mio padre e non avrebbe mai preso con sé una persona che non fosse stata a posto. Questo è il motivo per cui credo che Ike prese Robert sotto le sue cure. E Robert divenne come un membro della famiglia, venne a vivere con mamma e papà nella loro casa”. Ike e la moglie Ruth erano proprio affezionati a Robert, e lo tennero nella loro casa per quasi due anni, un tempo così lungo che loro figlia pensò, per tanto tempo, che Robert fosse un parente. Robert doveva essere proprio impaziente di imparare, tanto che Ike, generoso com’era, sottopose l’allievo ad una pratica intensa di apprendimento, insegnando a Robert tutto ciò che sapeva sulla chitarra e sul blues. Non è difficile immaginare Robert Johnson divorare ogni insegnamento, ed esercitarsi diligentemente, quasi religiosamente, per tutto il tempo, giorno e notte, per via del fatto che il suo forte desiderio non era solo quello di suonare il blues, ma di eccellere. Secondo una delle credenze principali, Ike Zimmerman imparò a suonare la chitarra blues nei cimiteri, dove si esercitava a mezzanotte, seduto sulle pietre tombali. Tale notizia fu confermata anche dalla figlia di Ike, che raccontò a Steve LaVere che il padre si esercitava sia di giorno, seduto sul portico di casa o di fronte al fuoco del camino domestico, che di notte, presso il vicino cimitero di Beauregard, ancora oggi esistente, sedendosi sopra le tombe, dove insegnò anche a Robert Johnson, ed anche gli abitanti che vivevano intorno al camposanto ricordavano che era possibile sentirli suonare tutti i giorni, anche di notte. La tradizione di suonare nei cimiteri ricorda reminiscenze di pratiche spirituali e ascetiche, come la meditazione negli ossari, per raggiungere la realizzazione interiore e l’unione con l’ultraterreno. Un’immagine che di per sé contiene notevoli implicazioni esoteriche e spirituali, e che, ovviamente, è stata collegata ad altre storie raccontate sui musicisti blues, relativamente ai loro rapporti con il diavolo e con il soprannaturale. Lorethaperché poteva suonare meglio, perchè lì c’era molta quiete … a mezzanotte quando tutti erano addormentati …. nessuno camminava da quelle parti a disturbare, né potevano disturbare nessuno suonando in mezzo alla notte. Non era spaventoso e di certo non incontravano il diavolo ... Ma lui tornava e diceva che aveva suonato per gli spiriti, il che scatenava una grande risata”. Quindi Zimmerman cercava semplicemente un posto di pace e quiete in cui suonare, e non per chiamare le potenze delle tenebre, ma per evitare di svegliare i suoi numerosi figli, mentre lui e Robert suonavano fino a notte, e su questa scia si è indirizzata la recente ricerca dello studioso di blues Bruce Michael Conforth, esposta nel libro Ike Zimmerman: The X in Robert Johnson’s Crossroads, pubblicato nel 2008 dalla rivista Living Blues. Loretha escluse categoricamente che ci fosse qualcosa di soprannaturale nel visitare il cimitero di notte, né che Robert si fosse recato presso un crocicchio per vendere l’anima al diavolo, e tantomeno che il diavolo fosse suo padre, anche perché, come tenne a precisare, “papà era un uomo timoroso”. Loretha ricordò “loro andavano in cimitero e si sedevano sulle tombe. Non era ad un crocicchio. Era un sentiero, ma non c’era un crocicchio (crossroad). Loro semplicemente attraversavano la strada (cross the road) per andare al cimitero”. Per raggiungerlo, infatti, Robert e Ike, dalla casa degli Zimmerman, ubicata a The Quarters, dovevano prendere un sentiero piccolo e polveroso attraverso il bosco, quindi attraversare un incrocio e proseguire dritti verso il cimitero. Il sentiero che percorrevano per raggiungere il cimitero ha generato molte credenze, a proposito della canzone Cross Road Blues, dando un senso alla frase che parla di “andare giù verso il crocicchio”, ma in realtà non ha niente a che fare col mito: nessun diavolo, nessuna magia, solo un musicista e il suo Maestro, seduti nottetempo sulle tombe dei cimiteri, ad esercitarsi alla chitarra, suonando blues.
La canzone Cross Road Blues non menziona assolutamente il diavolo, ma poiché alla gente piace troppo raccontare storie, specie quelle che riguardano gli altri, e a furia di raccontarle inizia pure a crederci, tanto da farle diventare “reali”, si pensò, ed ancora oggi qualcuno ci crede davvero, che la vendita della propria anima al diavolo rappresenti il vero tema della canzone, e che Ike fosse addirittura il diavolo. Quest’ultimo era anche un ottimo armonicista, ed un piccolo segreto ben custodito è che Ike non insegnò a Robert soltanto a suonare la chitarra, ma anche a migliorare come armonicista. Robert, infatti, come detto, suonava già decentemente l’armonica e voleva imparare a padroneggiare anche questo strumento, come confermarono più tardi anche Johnny Shines e Son House, che precisarono che Robert era divenuto anche un ottimo armonicista.
Oltre che un abile musicista, Ike era pure un prodigioso showman, ed ancor prima di quanto mostrò Charley Patton, come ricordava Lorethapoteva suonare la chitarra dietro la schiena! L’ho visto!”. Comunque fosse, la massima abilità di Ike era quella di suonare la chitarra, con uno stile originale e variegato, alternando il fingerpicking allo slide, che si era fatto in casa con un osso, stile dal quale Robert attinse a piene mani. Loretha ed il resto della famiglia Zimmerman erano più che convinti che almeno quattro delle canzoni registrate da Robert Johnson dovrebbero essere accreditate ad Ike.  I suoi figli affermarono, infatti, di aver sentito spesso in casa Zimmerman il padre cantare due di quelle canzoni molto prima che Robert venisse a stare da loro, in particolare Walking Blues e Ramblin’ on my Mind, che Ike spesso suonava ai suoi bambini per farli addormentare, mentre I’ll Believe I’ll Dust my Broom e Come on in my Kitchen erano brani che scrisse Ikeblues a Robert, o forse queste due canzoni le scrissero insieme. Quello che la storia ci ha lasciato sono però 29 canzoni incise da Robert Johnson e nessun brano registrato di Ike Zimmerman! Secondo Loretha il padre non registrò mai perché “papà sempre voleva spingere Johnson. Non penso che lui lo volesse davvero o ci tenesse, non penso che volesse davvero registrare. Penso veramente che non volesse contare qualcosa. Lui sapeva come suonare la chitarra e aiutare le persone. Proprio come lui aiutava quelle donne a suonare la chitarra. Penso che spinse Robert e penso sia stata la ragione per cui anche lui andò lì nel Delta”. È certo che il fatto che Zimmerman ritornò ad Hazlehurst, piuttosto che restare nel Delta, fece sì che non venisse notato dagli scouts delle compagnie discografiche, e su questo concordava anche Ms Zimmermanse fosse rimasto nel Delta sarebbe stato conosciuto per quello che aveva fatto e che valeva ed avrebbe avuto il giusto riconoscimento, sarebbe stato scoperto e registrato”. La storia di Ike Zimmerman è ancora incompleta, ma di certo il suo contributo alla musica ed i 18 - 24 mesi “perduti” della vita di Robert Johnson possono finalmente essere, in qualche modo, rendicontati. Quando Ike lo ritenne ormai pronto, disse a Robert quanto fosse orgoglioso di lui e dei suoi progressi, quindi lo prese con sé nei suoi giri di concerti, e suonarono insieme in vari contesti. Come nello spirito di molti musicisti, incluso Robert Johnson, Ike utilizzava le sue abilità artistiche non solo per guadagnare dei soldi, ma anche, e soprattutto, per conquistare le donne, perché, come ricordava la figlia “mio padre era un donnaiolo”. E così Robert, facendo tesoro anche della musica che aveva assorbito da Son House e Willie Brown, iniziò a suonare nelle house parties e nei juke joints, nei mercati di campagna e nei negozi di vario genere, che nei fine settimana si trasformavano in improvvisati nightclubs, accompagnato dal suo nuovo mentore alla chitarra, Ike Zimmerman. Ci furono anche alcune occasioni in cui Johnson si avventurò da solo per locali, probabilmente per testare la sua abilità, senza Ike, ma poi, come ricordava Loretha, ritornava a casa Zimmerman per continuare ad imparare a suonare la chitarra. Alla fine Robert, quando ebbe veramente imparato tutto ciò che poteva, disse ad Ike che era pronto a riprendere la strada, o, più probabilmente, fu Ike a dirgli che poteva finalmente rimettersi in viaggio. Peraltro, come ricordò la figlia di Ike, Robert non lasciò da solo l’area di Hazlehurst, perché Ike si mise in strada con lui, e lo accompagnò nel Delta, per ritornare lì, nel luogo dal quale Son House e Willie Brown l’avevano allontanato. Il desiderio di Robert, infatti, era ritornare dai suoi amici musicisti per stupirli con la sua incredibile nuova abilità, ed Ike, come disse sua figlia, si prese, ancora una volta, cura di lui. Insieme on the road, i due suonarono ovunque e continuamente, per la gioia degli ascoltatori che si assembravano intorno a loro nei juke joints, come agli angoli di strada. Suonarono ad Hazlehurst, e in alcune aree circostanti, e probabilmente finirono in Texas, e lì si separarono.
Zimmerman continuò a suonare blues per molti decenni e a viaggiare a sud fino a Gulfport, in Mississippi. Suonò durante tutta la sua vita, e la sua giovane figlia disse che anche durante il suo matrimonio, celebrato nel 1948, Ike suonò tanti blues. Infine, lasciò Beauregard per recarsi a Los Angeles, per incontrare suo fratello Herman. Nei suoi ultimi anni di vita, forse intorno al 1960, ossia verso la fine dei suoi 50 anni, fino alla sua morte, avvenuta nel 1967, si convertì alla religione e divenne predicatore a Compton, in California, dove morì come ministro pentecostale. Come molti suoi contemporanei, negli ultimi anni di vita Zimmerman girò le spalle al blues, e si votò agli spirituals e al gospel, ma non lasciò mai la chitarra, tanto che la sua famiglia e i suoi amici dicevano che sarebbe morto suonandola. Zimmerman, pertanto, non abbandonò mai la musica, sebbene in seguito alla sua conversione cambiò contesto, suonando prevalentemente musica religiosa, come ricordò anche la figlia “lui suonava blues, ma la finì a suonare canzoni di chiesa. Quando lo sentì suonare canzoni di chiesa fu dopo Robert“. È probabile, tuttavia, che in privato suonasse sempre qualche blues, un pò come fece pure Son House, anche se per suonarlo doveva uscire di casa, magari seduto sotto il portico, dato che sua moglie insisteva affinchè in casa suonasse solo musica sacra. Ike morì per un attacco di cuore il 3 agosto 1967, all’età di 60 anni, e non intorno al 1974, all’età di 67 anni, come dicono alcuni. Fu sepolto a Compton, in California. Alcuni definirono Ike un uomo tenebroso, con sembianze demoniache, una figura sinistra e misteriosa. Alcuni andarono oltre, affermando che era proprio Ike Zinnerman il diavolo licenzioso e dissoluto con il quale Robert Johnson fece il patto per imparare a suonare il blues, e la nota abitudine che aveva Ike di suonare nei cimiteri, tra le tombe, alimentò la sua reputazione di emissario del demonio. Al contrario di tante dicerie, Ike non era sconosciuto, né misterioso, ma un uomo onesto e gentile che, come disse la figlia, avrebbe percorso miglia e miglia per aiutare chiunque avrebbe potuto, e per questa ragione tutti coloro che lo conobbero lo amarono. Non gli piaceva affatto stare sotto i riflettori, e probabilmente non seppe mai ciò che accadde in seguito a Johnson. I 78 giri incisi da Robert alla fine degli anni 30, nonostante l’apprezzabile successo, registrarono, comunque, vendite limitate, basti pensare che il suo maggior successo, Terraplane Blues,Johnson, nel 1961, sei anni prima della morte di Zimmerman,Ike non venne mai a saperlo. Di certo Zimmerman fu il punto di partenza della fama di Johnson, e la sua influenza sulla storia del blues, e quindi del rock, è andata ben oltre la sua esistenza terrena, segnando la musica per sempre. Potrebbe veramente essere lui il “Padre del blues”. Ma nel 1907, proprio mentre Ike Zimmerman emetteva i suoi primi vagiti su questa terra, il Mississippi conosceva già - ormai da ben 37 anni - la musica di un altro personaggio leggendario, Henry Sloan … prima di lui, nessuno! È grazie allo studioso David Evans, ed alle sue ricerche, se oggi possiamo tracciare un quadro, sebbene approssimativo, con quel poco che sappiamo, della vita di questo incredibile musicista afroamericano, che oggi possiamo definire come la prima figura storica del blues. A buon titolo, la maggior parte dei ricercatori di blues ritiene che Henry Sloan possa aver suonato una prima e primitiva forma di blues ancor prima della fine del XIX secolo, e per questo debba essergli tributato il titolo di “Padre fondatore del Delta Blues”, nonostante non abbia mai registrato alcun disco, e la sua musica non possa essere ascoltata. Sloan nacque in Mississippi nel 1870, forse nel mese di gennaio. Il suo certificato di nascita indica quale data “intorno al 1873. Suo padre, Sam Sloan,1842, in South Carolina, ed era un agricoltore e un commerciante, che prima di compiere 20 anni si trasferì nel Delta del Mississippi, forse per cercare impiego, presumibilmente portando con sé altri membri della sua famiglia. Lì incontrò Laura, originaria del Mississippi, e la sposò nel 1867, e dopo tre anni nacque Henry. Tuttavia, non è certo che Sam e Laura siano stati i veri genitori di Henry, ma di sicuro lo allevarono, e di fatto furono i suoi genitori. Henry Sloan era un contadino, sapeva leggere e  scrivere, e viveva nella piantagione della contea di Hind, e probabilmente la sua prima moglie morì in occasione dell’ultimo parto, nel 1898. Intorno al 1900, Henry Sloan viveva vicino a Bolton, in Mississippi, nella stessa comunità in cui si trovavano le famiglie di Charley Patton e di suo fratello Sam Chatmon, e sempre secondo le ricerche di David Evans, andò a lavorare proprio nella piantagione di Dockery Farms, vicino a Cleveland e vicino a Indianola, in Mississippi, lo stesso periodo in cui vi lavorarono anche i genitori di Patton, ossia tra il 1901 e il 1904. Durante questo periodo Sloan fece amicizia con Charley Patton, e diventò il suo insegnante di chitarra blues. Recenti ricerche hanno dato adito ad una nuova leggenda, ossia che proprio in questo lasso di tempo, e precisamente nel 1903, Henry Sloan sia stato visto da W.C. Handy. Proprio Sloan, infatti,potrebbe essere stato il misterioso musicista vagabondo che W.C. Handy osservò nel 1903 presso la stazione dei treni di Tutwiler, in Mississippi, vicino a Dockery Farms, suonare quegli strani vecchi blues, utilizzando la lama di un coltello come slide, momento che da molti viene ancora oggi indicato come quello che segnò la nascita del blues. Che quel musicista fosse o meno Sloan non credo sarà mai accertato, ma è proprio da questo periodo storico che iniziò il lavoro di ricerca degli studiosi, e in particolare di David Evans, dalla cui ricerca risultò che tra il 1904 e il 1907 Sloan sposò una donna chiamata Bettie o Mary, nativa del Mississippi, che morì il 15 ottobre 1970 a Nettleton, in Mississippi. Da questa relazione nacquero 2 figli, Henry, Jr. e Hall, nati in Mississippi rispettivamente nel 1908 e nel 1910. Nel 1920 Sloan non viveva più in Mississippi. Molti persone che lo conoscevano, dissero che Sloan, dopo la prima guerra mondiale, lasciò la piantagione per trasferirsi a nord, fino a Chicago, dove trascorse il resto della sua vita, ma anche questo non è certo, in quanto altri dicono che si recò a Baton Rouge o a Los Angeles. Nel 1930 Sloan ritornò a vivere nella zona di West Memphis, in Arkansas, con sua moglie. Anche la data della sua morte è misteriosa, anche se pare accertato che sia morto il 13 marzo 1948, all’età di 78 anni, a West Memphis, in linea con quanto affermano coloro che dicono sia morto a Crittenden County, dato che West Memphis è, per l’appunto, la città più popolosa della contea di Crittenden, e come confermato dal certificato di morte. Probabilmente Henry Sloan fu sepolto in un sepolcro senza lapide, come avvenne per molti dei primi “Padri del blues”, oppure in un cimitero ormai completamente ricoperto da vegetazione, tanto da non poter essere individuato. Il luogo in cui riposa Sloan potrebbe essere la chiesa di King Solomon, un cimitero afroamericano nel quale molte tombe sono senza lapide, o le cui lapidi sono così consumate da essere illeggibili. Altri possibili candidati sono alcuni cimiteri senza nome, che si trovano a circa un miglio e mezzo da King Solomon, tra questi Liberty Church. Quest’ultima chiesa, però, fu distrutta da un incendio, ed il cimitero oggi non è raggiungibile, a causa della fitta vegetazione sorta spontaneamente sul luogo delle macerie. Chissà, forse da qualche parte giace il corpo di Sloan, sepolto sotto erbacce e boscaglia, ormai non più individuabile.
Sebbene vi siano poche notizie certe intorno alla sua vita, prima di scomparire fra le nebbie del tempo, Sloan ci ha regalato almeno una sicurezza, ossia che era un musicista part time, e che a Dockery Plantation insegnò a suonare la chitarra blues a diversi aspiranti musicisti, e tra questi ad un povero ragazzo di campagna, chiamato Charley Patton. Sloan era più vecchio di Patton di circa 20 anni e ne fu il mentore, lo prese sotto la sua ala protettrice e lo introdusse ad un nuovo genere musicale, in seguito chiamato blues, insegnandogli i rudimenti alla chitarra e suonando con lui per tanti anni, finchè CharleyPatton non fu in grado di andare per la sua strada, alla ricerca di un pubblico più vasto. Due degli ultimi accompagnatori di Patton, ossia Tommy Johnson e Son House, confermarono che Patton “seguiva ogni passo tracciato da Sloan”, e che anche loro furono suoi allievi. È, quindi, una certezza che per Charley Patton, Tommy Johnson, Son House e per molti altri, Henry Sloan fosse il Maestro, ed il Padre, legittimo e riconosciuto, di quello stile musicale poi chiamato Delta blues, di cui cambiò il volto per sempre, assicurandosi un posto decisamente privilegiato nella storia. Sebbene Sloan non avesse mai inciso, dai suoi contemporanei si è appreso che alcune canzoni registrate da Patton, come Pony Blues, fossero in realtà del suo Maestro. Sempre dall’insegnamento di Sloan, Patton apprese sia quella decisa, grezza ed ipnotica abilità chitarristica, sia tutti igiochetti alla chitarra, come quello di suonare lo strumento dietro la schiena, ripreso successivamente da una pletora di chitarristi, tra i quali mi limito a ricordare solo T-Bone Walker e Jimi Hendrix.
Se possiamo tranquillamente affermare che Patton influenzò Robert Johnson, Son House, Muddy Waters, Howlin' Wolf e quasi tutti i chitarristi dell’epoca, è evidente che fu proprio Sloan il punto d’origine per un’intera messe di musicisti, compresi Rolling Stones e Led Zepplin, che continuarono a creare musica traendo ispirazione da quanto elaborato da questa cerchia ristretta di bluesmen, costituita proprio dagli allievi di Sloan, che come lui, non appena terminavano di lavorare, abbracciavano la loro amata chitarra! 

*L'articolo è un sunto del capitolo I RE DEI RE, tratto dal libro "UN SALTO NEL BLUES - La colonna sonora della mia Anima… ain’t nothin’ but The Blues", di SALVATORE AMARA (ed. CUEC).

 

 

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